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Separazione e divorzio : se si rischia di perdere ingiustamente
figli e casa
di
Demetrio Delfino*
L'ultima legislazione corrente nel nostro Stato è stata contrassegnata
anche da non poche novità che hanno innovato il campo del
diritto di famiglia "latu sensu" inteso. Scrivo "latu sensu",
poiché mi riferisco anche ad una cospicua legislazione penale
che, alla luce delle innumerevoli violenze commesse nei confronti
delle donne all'interno delle mura domestiche, ha tutelato
in modo sicuramente più incisivo l'integrità fisica e morale
delle donne. Tali interventi, sicuramente benvenuti, impongono
alcune considerazioni di rilievo che definirei "fuori dalle
righe".
I
fatti di cronaca, talvolta raccontati con una non sufficiente
tecnica giuridica e con poca chiarezza, hanno indotto l'opinione
pubblica ad emettere facili sentenze accogliendo, senza alcuna
valutazione critica, la nuova legislazione che, "comunque",
tutelava la donna a prescindere dal reale svolgersi dei fatti
in cui poi, in concreto, questa nuova legislazione andava
ad "incasellarsi". Ciò perché, evidentemente, la violenza
messa in atto da alcuni uomini nei confronti della propria
partner non consentiva, in vari casi, di giustificare e comprendere
il risentimento accumulato dall'uomo nei confronti di quei
comportamenti della donna (non perseguibili penalmente ma
certamente rilevanti ai fini della ricostruzione della verità)
che avevano determinato nel suo compagno frustrazioni rimaste
inespresse, per incomprensioni o per l'incapacità di esternarle.
D'altra parte, mi sia consentito, certe figure di reato non
solo mi appaiono forse troppo severe nella determinazione
della condotta, vedi ad esempio lo stalking (1) ma, purtroppo,
ho dovuto constatare che tali ipotesi di reato vengono talvolta
usate come arma di ricatto nei confronti dell'uomo
per cercare, talvolta, di ottenere un assegno di mantenimento
più alto o, in alternativa e addirittura, l'affidamento dei
figli. Con questo, vorrei essere chiaro, non intendo certo
giustificare le condotte violente di alcuni uomini ma, bensì,
intendo solo chiarire che la verità, il più delle volte, "non
sta mai da una parte sola".
Debbo
peraltro ritenere che, anche per i "papà" più "ricattabili",
sono previsti alcuni meccanismi di difesa, offerti dalla nostra
legge che, se previamente conosciuti possono, senza dubbio,
attenuare gli effetti sicuramente non gradevoli di facili
abusi. E' quindi importante conoscere alcune norme di legge
che, nell'ambito del diritto civile e penale hanno reso "giustizia"
su alcune prevaricazioni manifestate da un coniuge sull'altro.
Due
sono gli aspetti che a riguardo vorrei ricordare: il nuovo
affido condiviso e la produttiva evoluzione giurisprudenziale
inerente all'assegnazione della casa coniugale.
L'affido
condiviso, infatti, ha consentito un'equa ripartizione
di una delle più importanti aspettative di un genitore separato
e/o divorziato e cioè, quella di "poter stare" con i propri
figli. E'
d'evidenza che, tale importante innovazione legislativa trova
la sua giustificazione anche nell'opportunità che il minore
possa godere di un affetto e di una educazione da entrambi
i coniugi, ma è altrettanto evidente che le norme disciplinanti
l'affido condiviso colmano anche possibili ritorsioni e/o
abusi di un coniuge sull'altro.
Ciò
posto, ritengo di particolare pregio una recente massima della
Corte di Cassazione, sentenza 29 Marzo 2012 n. 5108- Pres.
Luccioli; Rel. Giancola; Pm Russo: ……"In tema di separazione
personale, la regola prioritaria dell'affidamento condiviso
dei figli a entrambi i genitori, prevista dall'articolo 155
e 155 bis comma 1, del cc, è derogabile solo ove la sua applicazione
risulti contraria all'interesse del minore, interesse che
costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto
alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti
in sede giudiziaria. La mera conflittualità esistente tra
i coniugi non preclude il ricorso al regime preferenziale
solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per
la prole; assume, invece, connotati ostativi alla relativa
applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a
porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psicofisico
dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore
interesse….".
E'
d'evidenza che evitare l'affido condiviso non è certo cosa
facile poiché i fatti eventualmente ostativi resi noti dalla
Corte dovranno, comunque e nei primi due gradi di giudizio,
essere adeguatamente provati. Insomma, la preclusione all'affido
condiviso, per un genitore, dovrà essere adeguatamente
motivata da fatti davvero importanti che possono cagionare
seri problemi all'equilibrio psico-fisico del minore.
Giova
ricordare, a questo riguardo, che la semplice denuncia-querela,
se non supportata da altri indizi e/o altri fatti di rilievo,
non è certo sufficiente a impedire l'affido condiviso. L'esperienza
avuta davanti alle Corti di merito mi porta a ritenere che,
ad esempio, fatto ostativo potrebbe essere rappresentato da
una sentenza già passate in giudicato la quale, se esplicitante
un comportamento violento e/o aggressivo di uno dei coniugi,
può, evidentemente, "suggerire"un affido esclusivo (da qui
l'importanza di evitare patteggiamenti troppo frettolosi e
rinunce ad istruire adeguatamente un processo penale, poiché
le conseguenze, anche sul piano degli affetti, potrebbero
essere davvero importanti).
Altro argomento sul quale mi pare opportuno spendere qualche
parola, è l'assegnazione della casa coniugale. A tal
riguardo, vi è stata una giurisprudenza pilota del Tribunale
di Cagliari poi recepita dalla ormai totalità delle Curie
italiane, la quale ha stabilito che, sostanzialmente, la mancanza
di prole fa sì che la casa coniugale venga sottoposta alle
regole ordinarie della comunione. In pratica, non vi è, in
caso di separazione, alcuna assegnazione esclusiva e, entrambi
i coniugi, verranno considerati semplici comproprietari di
un bene in comune con tutte le conseguenze del caso. Pertanto,
fatta eccezione per l'interesse superiore dei figli, la
piena estensione della comproprietà della casa coniugale non
potrà più essere messa in discussione: entrambi i coniugi
non potranno quindi temere per la perdita della propria quota.
In particolare. ….."In materia di separazione o divorzio,
l'assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche
economici, particolarmente valorizzati dall'articolo 6 comma
VI, della legge n° 898/1970 (come sostituito dall'articolo
11 della legge n°74/1987) è finalizzata all'esclusiva tutela
della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente
domestico in cui è cresciuta e non può quindi essere disposta,
come se fosse una componente degli assegni rispettivamente
previsti dall'articolo 156 c.c. e dall'articolo 5 della legge
898/1070, per sopperire alle esigenze economiche del coniuge
più debole, al quale sono destinati unicamente i predetti
assegni. Pertanto, la concessione del beneficio in questione,
resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento
dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni
ma economicamente non autosufficienti: diversamente, infatti,
dovrebbe porsi in discussione la legittimità costituzionale
del provvedimento il quale, non risultando modificabile a
seguito del raggiungimento della maggiore età e dell'indipendenza
economica da parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale
espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per
tutta la vita del coniuge assegnatario in danno del contitolare"
(Trib. Milano 28 Aprile 2009; App. Roma, 15 Aprile 2009; App.
Roma, 27 Maggio 2009; Trib. Monza, 15 Ottobre 2009; Trib.
Torino, 01 Dicembre 2008).
(1)
vedi ad es la sent. 17.02.2010 n° 6417 V sezione della Cassazione
penale, secondo cui
anche due sole condotte di minaccia o di molestia
integrano il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis
(stalking). Sulle denunce infondate e sull'efficacia di azioni
preventive per evitare il reiterarsi del reato vedi invece
"Stalking:
esperienze presso le Procure di Milano e Torino"
*
avvocato cassazionista, responsabile dell'Ufficio legale
dell'Osservatorio
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