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Cassazione : L'addebito può derivare anche da un fatto successivo
alla separazione
di
Demetrio Delfino*
Il femminicidio, la violenza nei confronti delle donne all'interno
delle mura domestiche, stanno assumendo dei contorni sempre
più preoccupanti. I motivi sono molteplici e, in considerazione
dell'espandersi del fenomeno, si sono moltiplicati i convegni
e i dibattiti sul tema dibattiti che, evidentemente, hanno
coinvolto professionisti qualificati quali giuristi, psicologi,
criminologi.
Debbo dire che la vigente legislazione sta cercando di arginare
questo grave problema anche se, evidentemente, è necessario
intervenire alla base: è necessario incidere sull'educazione,
sui valori fondamentali del corretto vivere. Di recente, la
Corte di Cassazione ha pronunciato la sentenza del 4 Giugno
2012 numero 8928 la quale ha imposto, naturalmente a livello
interpretativo per i Tribunali di merito, un principio di
notevole interesse.
La vicenda ha inizio con un processo per separazione giudiziale
con richiesta di addebito proposto da un coniuge nei confronti
dell'altro addebito che, si fondava su presunti maltrattamenti
cagionati dal marito nei confronti della moglie. Il primo,
resisteva richiedendo, a sua volta, l'addebito nei confronti
della moglie.
I maltrattamenti per cui è stato proposto il ricorso introduttivo
non venivano ritenuti pienamente provati in primo grado, anche
perché il procedimento penale "madre" che li sintetizzava
non solo si riferiva ad un episodio di violenza successivo
alla separazione, ma, altresì, il procedimento penale medesimo,
non era ancora pervenuto ad una definitiva soluzione. Il Tribunale
di Cagliari, rigettava entrambe le richieste reciproche di
addebito pronunciando, evidentemente, la separazione personale
dei coniugi di concerto ai provvedimenti correlati.
La moglie proponeva quindi appello alla competente Corte territorialmente
competente, la quale accoglieva l'impugnazione proposta in
via principale in quanto venivano "…..apprezzate le risultanze
emergenti da una sentenza penale pronunciata in sede di appello
dallo stesso Tribunale, a seguito di impugnazione per i soli
effetti civili proposta dalla F., relativamente ad un episodio
lesivo verificatosi in data 03 Febbraio 2003, in epoca cioè
successiva all'instaurazione del giudizio di separazione.
Da tale decisione, passata in giudicato, la corte distrettuale
desumeva altresì, sulla base di specifici riferimenti a ulteriori
episodi riferiti da testimoni, che l'evento lesivo per il
quale la F., aveva proposto querela si inseriva in una condotta
del marito tenuta tanto in precedenza quanto in epoca successiva,
così da ritenere provata, stante la sua gravità e la sua incompatibilità
con la condotta tenuta dalla moglie, una violazione della
dignità e dell'integrità fisica del coniuge, tale da imporre
la pronuncia di addebito….."
Il
marito proponeva ricorso sostenendo, in pratica, da un lato
il fatto che l'episodio preso in considerazione dalla Corte
territoriale si riferiva, esclusivamente, ad un episodio successivo
alla separazione e, dall'altro che le ulteriori condotte del
marito non sarebbero state pienamente provate.
La
Corte di Cassazione, confermava appieno la sentenza della
Corte di merito specificando che qualora sia possibile dimostrare
un episodio di violenza successivo alla separazione, possono
essere considerati veri anche ulteriori fatti violenti precedenti
alla separazione stessa che si sono esplicitati, come nel
caso di specie, in formali denuncie presso le competenti autorità.
Precisa
inoltre la Corte: "…..a fronte della dimostrata condotta
violenta del ricorrente, per altro reiterata nel tempo, correttamente
è stata accolta la domanda di addebito proposta dalla F.,
venendo in considerazione violazioni talmente gravi dei doveri
nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo
la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti
la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione
della sua addebitabilità all'autore delle stesse, e da esonerare
il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti,
dal dovere di comparare con essi, ai fini dell'adozione delle
relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima
delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi
nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona,
quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale
dell'altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima
di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa
per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere
giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di
quest'ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con
tale comportamento".
Un
altro passo in avanti è stato fatto.
*
avvocato, presidente del Comitato etico dell'Osservatorio
Dossier
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