Maltrattamenti
familiari : pronuncia Cassazione rafforza dubbi su norma stalking
di
Rita Guma*
Con
la sentenza n. 24575 del 20 giugno 2012, la sesta sezione
penale della Cassazione ha confermato la condanna a due anni
di reclusione per maltrattamenti in famiglia nei confronti
di un uomo accusato di aver recato molestie alla ex moglie,
dopo la separazione, ma prima del divorzio.
La Cassazione ha cioè affermato che si può applicare la normativa
inerente un reato diverso dai maltrattamenti in famiglia nei
casi in cui i comportamenti "sorti in seno alla comunità
familiare (o assimilata) ovvero determinati dalla sua esistenza
e sviluppo, esulerebbero dalla fattispecie dei maltrattamenti
per la sopravvenuta cessazione del vincolo o sodalizio familiare
e affettivo o comunque della sua attualità e continuità temporale.
Ciò che può valere, in particolare (se non unicamente), in
caso di divorzio o di relazione affettiva definitivamente
cessata, giacché anche in caso di separazione legale (oltre
che di fatto) si può ravvisare il reato di maltrattamenti,
al venir meno degli obblighi di convivenza e fedeltà non corrispondendo
il venir meno anche dei doveri di reciproco rispetto e di
assistenza morale e materiale tra i coniugi". Ciò
ferma restando la possibilità di un concorso apparente di
norme che renda applicabili entrambi i reati di maltrattamenti
e di atti persecutori.
Quindi, ove i maltrattamenti reiterati vengano posti in essere
prima del divorzio, si applicherà la normativa sui
maltrattamenti in famiglia, ove siano posti in essere dopo,
quella dello stalking. La differenza non è da poco sul piano
pratico, visto che la pena prevista per il reato di maltrattamenti
è giustamente maggiore di quella per stalking, visto il contesto
e il ruolo che favoriscono l'azione, ma quello che desta perplessità
è la notevole differenza dei parametri necessari per l'individuazione
del reato, così come si evince confrontando le due fattispecie.
L'Art.
572. (Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli) così recita:
"Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente
(Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, ndr),
maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni
quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o
a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura,
vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione
o di un'arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica
la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione
gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne
deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni".
Invece, l'Art. 612 bis. (Atti persecutori. Stalking), così
individua la fattispecie di reato: "Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da
sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterata,
minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante
e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un
fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto
o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero
da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini
di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge
legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata
legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena
è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno
di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una
persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5/2/1992
n. 104, ovvero con armi o da persona travisata".
Dal
confronto si rileva, come già denunciato in passato su queste
pagine, il valore subordinato degli elementi oggettivi nella
prova del reato di stalking. Infatti, una condotta analoga
a quella delle molestie in famiglia integra il reato di stalking
fuori della famiglia soltanto ove essa sia atta a "cagionare
un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da
ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di
un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione
affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie
abitudini di vita". Adesso
tale differenza viene ancor più evidenziata dalla sentenza
della suprema Corte, da cui deriva che alcuni atti reiterati
commessi prima del divorzio sono di per sè penalmente perseguibili,
mentre dopo il divorzio lo sono ove producano effetti negativi
seri sulla psiche e le abitudini di vita della persona perseguitata.
Va
considerato anche che quella che può apparire come circostanza
riduttiva per la prova della fattispecie di stalking (il danno
prodotto) potrebbe essere al contrario utilizzata per sorreggere
un'accusa di reato nel caso di soli pochi episodi ripetuti.
Infatti, qualora il giudice non sia particolarmente attento
a verificare che i timori siano oggettivamente fondati, il
danno oggettivamente grave e il cambiamento delle abitudini
di vita inevitabile (il tutto con riferimento ad una persona
media), si potrebbero avere condanne anche per un paio di
telefonate indesiderate, attesa la sentenza 17.02.2010 n°
6417 della quinta sezione della Cassazione penale, secondo
cui integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art.
612-bis anche due sole condotte di minaccia o di molestia,
come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla
norma sullo stalking.
Queste
considerazioni confermano la sperequazione dovuta all'indeterminatezza
della normativa sullo stalking per quanto attiene la prova
del reato, indeterminatezza che apre ad abusi in un senso
e nell'altro, a differenza della normativa sulle molestie,
che basa l'accertamento del reato su elementi oggettivi.
*
presidente dell'Osservatorio sulla legalità
e sui diritti Onlus
Cassazione:
l'addebito può derivare anche da un fatto successivo
alla separazione
Stalking:
novita' della legislazione penale e diritto comparato
Stalking:
esperienze presso le Procure di Milano e Torino
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e divorzio: se si rischia di perdere ingiustamente figli e
casa
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