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Nipote di Mandela trattenuto da Israele ma mainstream tace
di Soumaila Diawara
Mandla Mandela, il nipote di Nelson Mandela, è ancora prigioniero in Israele. Perché nessuno ne parla? (ndr: il riferimento è al mainstream, qui l'articolo dell'Osservatorio da Città del Capo).
È stato arrestato dopo aver partecipato alla flottiglia diretta verso Gaza, un gesto di coraggio e solidarietà verso un popolo martoriato. Da quel momento, il silenzio. Sua moglie, Nosekeni Rabia Mandela, non ha più ricevuto notizie. Ogni notte teme il peggio. I loro figli, con voci tremanti, le chiedono: «Mamma, uccideranno papà? O tornerà presto a casa?».
Mentre il mondo continua a scorrere, il nome di Mandla sembra dissolversi nel rumore dell’indifferenza. Nessuna grande testata ne parla, nessuna istituzione alza la voce. Il silenzio dei media è assordante e ingiusto.
C’è un simbolo potente in questa vicenda: il nipote di Nelson Mandela, l’uomo che liberò il Sudafrica dall’apartheid, oggi è imprigionato da uno Stato che pratica la stessa logica di oppressione e segregazione che suo nonno combatté per tutta la vita.
Nelson Mandela non ebbe mai dubbi sulla questione palestinese. Disse con chiarezza: “Sappiamo troppo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà del popolo palestinese.”
Per Mandela, la lotta dei palestinesi era la continuazione morale della lotta contro l’apartheid sudafricano. E oggi, il Sudafrica, la sua patria, ha raccolto quell’eredità portando Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia con l’accusa di genocidio a Gaza.
Mandla Mandela, erede di quella stessa visione di giustizia, è stato incarcerato per aver scelto la via della solidarietà. Ma la sua prigionia non è solo un attacco a un uomo, è un attacco alla memoria di ciò che Nelson Mandela rappresentava.
E mentre il mondo tace, una domanda rimbomba più forte che mai: Perché nessuno parla di Mandla Mandela?
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