Cass.
pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-01-2011) 27-01-2011, n. 3016
Svolgimento
del processo
1.
Con sentenza dell'11 dicembre 2008, la Corte d'Appello di
Lecce, a conferma della decisione del Tribunale, riteneva
P.D. colpevole del reato di cui all'art. 570 c.p., per aver
tenuto una condotta contraria alla morale della famiglia avendo
abbandonato la moglie, con gravi ripercussioni sulla salute
psicofisica della donna.
2.
Ricorre il P. che reitera in questa Sede la censura già avanzata
in appello di nullità per mancata corrispondenza tra la contestazione
mossagli con l'imputazione e i fatti di cui è stato ritenuto
responsabile. Rammenta al riguardo che l'accusa per cui era
stato tratto a giudizio era quella di "essersi sottratto ai
suoi doveri di marito di C.M. non contribuendo in alcun modo
al sostentamento economico della sua famiglia". Accusa in
relazione alla quale egli aveva dimostrato di aver invece
contribuito in modo sufficiente per il periodo considerato.
Ciononostante il Tribunale lo aveva condannato per aver abbandonato
il domicilio domestico, così rimproverandogli un fatto per
il quale egli non si era difeso nè aveva potuto valutare la
convenienza di accedere a riti alternativi quali il patteggiamento.
Di qui la violazione dell'art. 521 c.p.p., erroneamente negata
dalla Corte d'Appello.
Motivi della decisione
1.
Il ricorso è fondato. Benchè genericamente accomunate dalla
finalità di protezione dei medesimi beni (e cioè gli obblighi
essenziali derivanti dai vincoli familiari), le condotte previste
dal primo comma e dal capoverso dell'art. 570 c.p. non si
trovano in rapporto di continenza o di progressione criminosa,
ma sono del tutto eterogenee nella loro storicità e nella
loro considerazione sociale, così da richiedere, sul piano
processuale, l'apprestamento di strategie difensive completamente
diverse. Ciò vuoi dire che l'accusa dell'abbandono del tetto
coniugale con sottrazione dagli obblighi di assistenza morale
corrisponde a un fatto nuovo rispetto a quella di aver fatto
mancare i mezzi di sussistenza e ne è riprova l'osservazione
che il proscioglimento da quest'ultima ipotesi non esclude,
ai sensi dell'art. 649 c.p.p., l'esercizio dell'azione penale
per la prima condotta e viceversa.
2. Nella specie l'aver ritenuto in sentenza che il P. era
responsabile del reato di cui all'art. 570 c.p., per aver
abbandonato la moglie con gravi ripercussioni sulla salute
psico-fisica della donna, comporta dunque la mancata correlazione
con la contestazione di "essersi sottratto ai suoi doveri
di marito di C.M. non contribuendo in alcun modo al sostentamento
economico della sua famiglia". Nè può ritenersi che la correlazione
sia stata sostanzialmente rispettata rilevando, come fa la
sentenza impugnata, che l'accusa di abbandono era chiaramente
formulata nella querela presentata dalla donna: tale abbandono
non era stato compreso nel decreto di rinvio a giudizio ed
è questo l'unico atto al quale si deve far riferimento quando
l'imputato resterebbe comunque soggetto ad un ulteriore esercizio
dell'azione penale per la condotta non espressamente contestata.
3. La Corte d'Appello di Lecce pertanto avrebbe dovuto dichiarare
la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell'art.
604 c.p.p., comma 3 e a tanto si provvede nel dispositivo.
P.Q.M.
LA
CORTE DI CASSAZIONE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata
nonchè la sentenza 4 ottobre 2007 del Tribunale di Lecce e
dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Lecce per l'ulteriore corso.
 
Commento
alla sentenza
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