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04 agosto 2011
tutti gli speciali

Obblighi di assistenza tra coniugi : realta' al confine tra illecito civile e penale
di Annalisa Gasparre*

La Cassazione penale distingue: l’abbandono del tetto coniugale non equivale a violare gli obblighi di assistenza materiale.
La fattispecie del secondo comma dell’art. 570 c.p. è inoltre autonoma rispetto a quella del primo comma, non costituendone una fattispecie circostanziata.
Le sentenze della Sez. VI n. 3016 del 17/01/2011-27/01/2011 e n. 6297 del 27/01/2011-21/02/2011

La fattispecie di abbandono del domicilio domestico prevista dall’art. 570 c.p. comma 1 e quella di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza prevista dal comma 2, non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità.

Premessa generale

Con la previsione penale si intende tutelare in maniera più intensa la famiglia – intesa come bene giuridico e soprattutto gli elementi deboli della stessa da un punto di vista di sostentamento economico – rispetto a quanto già prevede nella sede civilistica l’art. 143 comma 2 c.c. (“dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia, ecc.”).

Civilisticamente, la violazione del dovere di assistenza può essere causa di addebito della separazione, come si ricava indirettamente dall’art. 151 comma 2 c.c. che stabilisce che il giudice, nel pronunciare la separazione, richiesto dalle parti di dichiarare a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, fa riferimento al “comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”, tra cui appunto l’obbligo di assistenza morale e materiale.

Come è noto, tra illecito civile e illecito penale corre – tra le altre – la fondamentale differenza dell’elemento soggettivo, che per il delitto è rappresentata dalla coscienza e volontà della condotta. La giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che l’oggettiva incapacità economica non imputabile al soggetto onerato – in applicazione del principio generale ad impossibilia nemo tenetur – esclude la configurabilità del reato in questione (nella fattispecie veniva annullata con rinvio una sentenza che aveva dato riscontro esclusivamente del formale mancato apporto materiale del coniuge separato al figlio) (Cass. pen. n. 33492/09).

Peraltro, sotto altro profilo (oggettivo), la nozione (penalistica) di “mezzi di sostentamento” prevista dall’art. 570 comma 2 c.p. è senz’altro più ristretta rispetto a quella civilistica di “mantenimento”, dunque anche in questo senso va apprezzata la non automaticità della mancata corresponsione di assegni da parte del coniuge lontano dal tetto coniugale, perché separato.

Autonomia della fattispecie del comma 2 art. 570 c.p.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, la Cassazione penale con sent. 3016/2011 ha affermato che le condotte previste dal primo comma e dal capoverso dell’art. 570 c.p., benché genericamente accomunate dalla finalità di protezione dei medesimi beni (e cioè gli obblighi essenziali derivanti dai vincoli familiari) non si trovano in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma sono del tutto eterogenee nella loro storicità e nella loro considerazione sociale, così da richiedere, sul piano processuale, l’apprestamento di strategie difensive completamente diverse ma, primo fra tutti, il diritto per l’imputato di conoscere tempestivamente le accuse rivolte e di difendersi provando ovvero di scegliere scientemente di avvalersi di riti deflattivi.

Con altra pronuncia, interrogata rispetto alla natura autonoma e non circostanziata della fattispecie delineata dal comma 2 dell’art. 570 c.p., la Cassazione, su ricorso del procuratore generale distrettuale, conferma che “l’ipotesi di cui all’art. 570 c.p., comma 2, costituisce una fattispecie autonoma di reato e non una figura circostanziata rispetto a quella del comma 1 dello stesso articolo” (Cass. pen. sez. VI n. 6297/2011).

In senso conforme, Sez. VI, 06/11/2006, dep. 20/12/2006, rv. 235301; Sez. VI 11/02/1998, dep. 02/03/1998 n. 2681, rv. 210371. In definitiva, se si interpreta correttamente, utilizzando le categorie concettuali civilistiche indicate dall’art. 143 c.c., sembrerebbe in particolare che il primo comma dell’art. 570 c.p. tuteli più propriamente l’aspetto morale dell’assistenza (laddove parla genericamente di obblighi di assistenza), mentre il secondo comma dell’art. 570 c.p. si incentri precipuamente sull’aspetto materiale derivante dalla condotta, tant’è che prevede un trattamento sanzionatorio più intenso rispetto al delitto delineato dal primo comma (reclusione o multa), vale a dire l’applicazione congiunta delle pene indicate invece che alternativa.

* esperta di diritto penale e procedura penale, membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio


per approfondire...

Le citate sentenze della Sez. VI Penale della Suprema Corte di Cassazione:
n. 3016 del 17/01/2011-27/01/2011
n. 6297 del 27/01/2011-21/02/2011

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