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Israele: in arrivo una legge contro i muezzin
di Leandro Leggeri
Il partito di estrema destra Otzma Yehudit, guidato dal ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, ha avviato l’iter di una nuova proposta di legge che mira a limitare – di fatto vietare – la chiamata islamica alla preghiera nelle moschee all’interno di Israele.
Il disegno di legge, presentato dal deputato Zvika Fogel, presidente della commissione Sicurezza nazionale della Knesset, prevede che l’adhan possa essere trasmesso tramite altoparlanti solo previa autorizzazione statale. I criteri includerebbero volume, misure di riduzione del rumore, posizione della moschea, distanza dalle aree residenziali e “impatto sulla qualità della vita”.
In caso di violazioni, la proposta conferisce alla polizia poteri immediati: spegnimento degli altoparlanti, sequestro delle apparecchiature e sanzioni economiche molto pesanti. Le multe previste arrivano fino a 50mila shekel (oltre 15mila dollari) per l’uso non autorizzato, e 10mila shekel per il mancato rispetto delle condizioni imposte.
Secondo Otzma Yehudit, il provvedimento sarebbe una misura di “sanità pubblica” contro quello che viene definito “rumore irragionevole”. Una tesi respinta con forza dai cittadini palestinesi di Israele e da numerosi attivisti e leader religiosi, che vedono nella legge un ulteriore passo verso la cancellazione dello spazio religioso e culturale palestinese.
Avvocati e imam sottolineano come la chiamata alla preghiera sia praticata da secoli e non abbia mai costituito un problema fino alla recente radicalizzazione del dibattito politico. Per molti, la norma non riguarda il rumore, ma la volontà di ridefinire lo spazio pubblico in chiave esclusivamente ebraica, colpendo simboli identitari non ebraici.
Tentativi simili erano già stati avanzati in passato, in particolare nel 2017, senza mai arrivare all’approvazione definitiva. La differenza, oggi, è il contesto: un governo sempre più dominato da forze ultra-nazionaliste e religiose, e una crescente pressione legislativa contro i diritti civili e religiosi della minoranza palestinese.
In questo quadro, la proposta di Otzma Yehudit viene letta come parte di una più ampia offensiva ideologica che investe moschee, scuole, lingua, memoria e presenza palestinese nello spazio pubblico israeliano.
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