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USA: Maga in frantumi su Israele
di Leandro Leggeri
CARLSON E BANNON CONTRO L’“ISRAEL FIRST” AD AMERICA FEST
La frattura interna al mondo MAGA sulla politica estera – e in particolare sul sostegno a Israele – è esplosa pubblicamente durante America Fest, la convention di Turning Point USA, degenerata in scontri verbali tra alcune delle figure più note della destra statunitense. Al centro del caos: l’accusa di “politiche Israel First” e la disputa su chi, dentro il movimento, abbia il diritto di criticare Tel Aviv senza essere automaticamente bollato come antisemita.
Secondo quanto riportato da Middle East Eye, l’innesco è arrivato dal confronto tra Ben Shapiro, tra i podcaster pro-Israele più influenti, e Tucker Carlson, ex Fox News e oggi riferimento di una parte crescente della destra “anti-interventista”.
Shapiro ha attaccato Carlson per aver intervistato Nick Fuentes, commentatore dell’ultradestra noto per posizioni estremiste e per critiche dure a Israele, definendo la scelta un atto di irresponsabilità morale. Ma Carlson, dal palco, ha reagito rivendicando il diritto a un dibattito “in buona fede” sulla politica americana verso Israele e denunciando la dinamica per cui chi solleva obiezioni viene subito etichettato come antisemita.
Nel suo intervento, Carlson ha allargato il discorso alla guerra e alla morale pubblica, con frasi destinate a far discutere: ha criticato la logica della punizione collettiva e ha detto che “se un uomo commette un crimine non si uccidono i suoi figli”, facendo riferimento a Gaza. Ha anche condannato l’islamofobia e l’uso strumentale di divisioni identitarie come metodo per polarizzare la società americana.
Ancora più incendiario l’intervento di Steve Bannon, ex stratega di Trump, che ha descritto la spaccatura come un nodo politico centrale e ha attaccato direttamente Shapiro. Bannon avrebbe anche collegato lo scontro all’idea di “Greater Israel” e alla linea “Israel First”, alimentando ulteriori polemiche e mostrando quanto la questione israelo-palestinese sia ormai diventata una linea di faglia interna alla destra statunitense. Anche altre figure mediatiche presenti, come Megyn Kelly, avrebbero riconosciuto apertamente che la frattura nel movimento “ruota attorno a Israele”.
Il quadro che emerge è quello di un’America conservatrice sempre meno compatta, in cui il tradizionale sostegno a Israele non è più un riflesso automatico ma un terreno di conflitto: da una parte l’ala più ideologica e filo-israeliana, dall’altra una corrente crescente che vede nelle guerre e negli impegni esterni un costo politico e sociale da ridiscutere.
E la tensione potrebbe salire ancora, con nuovi interventi attesi in conferenza e con l’ombra delle elezioni future sullo sfondo.
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