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18 dicembre 2025
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Israele verso indipendenza militare dagli USA
di Mauro W. Giannini

Mentre il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si prepara a incontrare il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla fine di questo mese in Florida, fonti autorevoli nella sua cerchia suggeriscono che "Israele" stia valutando un nuovo quadro per distaccarsi da decenni di aiuti militari statunitensi, ha riferito il Canale 14 israeliano, secondo una recente intervista con il corrispondente di Affari Politici Tamir Morag.

L'attuale dilemma dell'occupazione è in netto contrasto con la sua dipendenza di lunga data dalle armi e dai finanziamenti americani per condurre ripetute campagne militari in tutta la regione.

Dal 2016, in base a un accordo firmato durante il mandato del Presidente Obama, Israele ha ricevuto 3,8 miliardi di dollari all'anno in aiuti militari statunitensi. Questa cifra esclude l'assistenza bellica aggiuntiva fornita durante le principali offensive a Gaza, in Libano e altrove. Dai sistemi di difesa aerea alle munizioni avanzate, gli aiuti statunitensi sono stati centrali per le operazioni militari di "Israele" nella Palestina occupata e nei paesi limitrofi.

Nonostante le attuali discussioni sul disimpegno, Israele ha continuato ad accettare questo sostegno, più recentemente durante il genocidio a Gaza.

Secondo un rapporto del Watson Institute for International and Public Affairs della Brown University, negli ultimi due anni 21,7 miliardi di dollari di finanziamenti statunitensi sono stati destinati agli aiuti militari per l'occupazione israeliana, mentre altri 9,65-12,07 miliardi di dollari sono stati spesi per le operazioni statunitensi in Yemen e nella regione in generale.

Secondo Morag, l'ex ministro Ron Dermer sta promuovendo un nuovo modello per la cooperazione futura. La sua proposta sposterebbe gli aiuti dal finanziamento militare diretto a progetti congiunti di ricerca e sviluppo, con gli Stati Uniti che contribuirebbero con due o tre dollari per ogni dollaro investito da "Israele".

Questa proposta arriva in risposta alla crescente opposizione all'interno degli Stati Uniti, in particolare da parte delle fazioni di destra, contro gli aiuti militari esteri, inclusi quelli destinati a Israele. Con l'approccio "America First", Washington potrebbe non sostenere più politiche di assegni in bianco. Sostiene che un modello di partenariato potrebbe garantire un sostegno continuativo in condizioni politiche mutevoli.

Mentre alcuni nella cerchia di Netanyahu sostengono il cambiamento proposto, altri insistono sul fatto che sia possibile e necessario negoziare un nuovo accordo di aiuti diretti dopo la scadenza di quello attuale nel 2028. I critici ritengono che abbandonare i finanziamenti militari garantiti, soprattutto in una regione instabile, sarebbe un errore strategico.

Netanyahu potrebbe ora cercare di ridefinire la posizione di Israele nei confronti degli Stati Uniti, non come un partner dipendente, ma come un attore autoreferenziale in un contesto geopolitico in continua evoluzione. Tuttavia, la contraddizione rimane netta: mentre alti funzionari lanciano l'idea di "indipendenza", Israele continua a ricevere e a fare affidamento su un massiccio supporto militare statunitense per condurre le sue guerre nella regione.

Anche la condivisione di informazioni di intelligence da parte degli Stati Uniti è stata un fattore decisivo negli attacchi e negli omicidi israeliani, a dimostrazione di quanta influenza detenga Washington.

Data questa realtà, i discorsi occasionali di Netanyahu sull'indipendenza strategica sembrano più propaganda che politica: ammettere apertamente che il regime israeliano è di fatto un cliente della potenza militare statunitense indebolirebbe la narrazione nazionalista al centro del progetto sionista, quindi la retorica deve svolgere il ruolo politico che la sua dipendenza materiale gli impedisce.

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