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Tokyo stacca la spina all'economia USA?
di Giacomo Gabellini
Dalle “voci di corridoio” circolate negli ultimi giorni si evince che, durante la riunione del prossimo 18-19 dicembre, il consiglio direttivo della Bank of Japan dovrebbe disporre all’unanimità un innalzamento del tasso di interesse.
Qualora la stretta dovesse attestarsi a un quarto di punto percentuale, il tasso toccherebbe quota 0,75% per la prima volta in trent’anni. Stando a quanto dichiarato dalle autorità giapponesi, non si tratterebbe di una decisione isolata, ma del primo passo di una tendenza strutturale, che dovrebbe portare il tasso di interesse a livelli stabilmente più elevati.
Il cambio di paradigma messo in cantiere dalla Bank of Japan nasce dall’esigenza di porre un freno all’inflazione, oscillante attorno alla soglia del 3%, e va a combinarsi con il pacchetto di stimoli da 135 miliardi di dollari (21,3 trilioni di yen) varato dal governo guidato dalla premier Sanae Takaichi.
Nell’immediato, il programma ultra-espansivo annunciato dal governo di Tokyo ha prodotto un significativo rialzo dei rendimenti dei titoli giapponesi a dieci anni, innescando una fuga dalle criptovalute. Ma soprattutto, la ritrovata redditività dei titoli nipponici disincentiva il carry trade che per decenni ha visto fondi speculativi e banche approvvigionarsi di liquidità a buon mercato in Giappone e convertirla in dollari per investire in larga parte in immobili, azioni e titoli di Stato statunitensi, oltre che in criptovalute, obbligazioni dei Paesi emergenti, ecc.
Il nuovo corso favorisce il rimpatrio dei capitali, sotto forma di liquidazione di almeno parte degli oltre 3,5 trilioni di attivi esteri di cui è titolare il Giappone. Tra cui, forse, una quota più o meno ragguardevole dei quasi 1,2 trilioni di Buoni del Tesoro statunitensi.
La crescita strutturale dei rendimenti dei titoli giapponesi tende in altri termini a sottrarre una fonte di assorbimento chiave delle obbligazioni statunitensi, nel pieno di una congiuntura caratterizzata da un incremento forsennato delle emissioni da parte del Dipartimento del Tesoro e da un abbassamento del tasso di interesse da parte della Federal Reserve.
 
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