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Sydney: condanna e indignazione
di Dalia Ismail
Ho una cosa sola da dire sul massacro di 13 persone ebree e 29 ferite a Sydney: è un attacco terribile, antisemita e fa schifo. Personalmente mi ha messo molta ansia.
È la prima e l’ultima volta che dico una cosa così ovvia, perché detesto le premesse obbligatorie che servono solo a pararsi il culo.
Non ho mai preteso che una persona ebrea si dissoci da Israele in quanto ebrea.
Pretendo solo la condanna, senza premesse, da chi vive in paesi occidentali alleati di Israele e immersi nella propaganda sionista.
La religione e l’etnia non c’entrano nulla: c’entra la posizione geopolitica che si occupa.
Da musulmana non mi sono mai dissociata da Daesh, Al Qaeda e simili, perché non c’entro niente. E perché ogni dissociazione rafforza il meccanismo razzista che divide i musulmani “buoni” e accettabili da quelli “cattivi” da deportare.
Allo stesso modo, non pretendo che un occidentale si dissoci dal colonialismo, dall’imperialismo o dal razzismo ogni volta che apre bocca: mi basta che smetta di riprodurne le dinamiche.
Che le persone vengano uccise per etnia, religione o opinione politica è ovviamente terribile. Ma non c’è bisogno di ribadirlo ogni volta né di pretendere performance morali.
L’unica cosa da rinfacciare è il bias razzista: indignarsi per alcune uccisioni e ignorarne altre, a seconda dei propri interessi o di ciò che impongono le istituzioni.
Chi è per la Palestina non ha nessun dovere di condannare l’attacco di Sydney per dimostrare di non essere antisemita: farlo rafforza - o aumenta la legittimità - del tentativo di equiparazione tra antisionismo e antisemitismo.
Questo tentativo va ignorato e trattato per quello che è: stupido. Non va legittimato dissociandosi ogni volta.
Niente di quello che diciamo è neutrale o fine a sé stesso.
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