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13 dicembre 2025
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Gaza annega nel fango dell'indifferenza
di Rossella Ahmad

Mentre Gaza annega nel fango dell'indifferenza e mentre medito sulla volgarità lacerante di quest'epoca in cui ci è toccato vivere e far vivere la nostra prole, in cui una cosiddetta ministra della repubblica utilizza il suo ruolo istituzionale per bullizzare chi le paga l'immeritato stipendio, consentendo a lei ed ai lorsignori illustrissimi, i miracolati della politica senza arte né parte, di vivere una vita da Francia pre-rivoluzionaria, nel ruolo dei cortigiani di Re Sole.

Mentre prendo atto della rozzezza di pezzi dello stato che acquistano ville milionarie in un momento storico in cui gran parte de .popolino pre-rivoluzionario non ha soldi per curarsi e fa fatica finanche a mangiare, con i generi di consumo rincarati esponenzialmente.

Mentre i miei recettori sensoriali diventano sempre più sensibili agli stimoli negativi esterni - le futilità, le analisi socio-politiche sempre sbagliate, la scia velenosa dell'islamofobia rampante che accoglie ed amplifica il grande tradimento globale consumato sulla pelle dei palestinesi.

Mentre il pullulare di massima mediocrità e cafonaggine verace raggiunge i massimi storici, sicché il dis-rispetto è divenuto il normale modo di rapportarsi agli altri, e dunque ad un Trump che definisce "spazzatura" interi paesi e popolazioni fa eco un Merz che si lamenta che in Angola non vi sia il buon pane tedesco a colazione, possa andargliene di traverso un boccone.

Qualcuno dica all'uomo che in Germania le panetterie artigianali chiudono a ritmo allarmante, con 800 chiusure annuali, e se Atene piange, Sparta non ride.

Un circo, popolato da pagliacci impegnati nell'arte di trastullare una platea qualsivoglia. Di un divertimento infelice, però, fatto di livore e senso di rivalsa. Per inciso, questa è la gente che ha in mano le sorti di un'umanità fatta oggetto di tiro al bersaglio.

Il pesce puzza dalla capa, diciamo qui, e mai cosa fu più veritiera, oggi che il tanfo mefitico che sprigiona dai piani alti e avvolge ogni cosa è divenuto il minimo comune denominatore della nostra esistenza.

Non c'è scampo. Persino le nostre iperprotette bolle mediatiche - iperprotette perché a tempo debito ci impegnammo a lasciarne fuori gli utili idioti di ogni sistema - ne sono contaminate.

Mentre cioè proviamo lo stesso disagio di quando viene a trovarti lo zio maleducato che sai infastidirà i tuoi ospiti, prenderà a calci la parete appena imbiancata, calpesterà la coda del gatto e verserà l'olio sul tappeto persiano,

in un regno del Grande Nord vestito a festa - la festa della forma spacciata per contenuto - viene consegnato il premio Nobel per la Pace ad uno di questi individui, con le famiglie reali in piedi. Ad applaudire il nulla. Gioielli e tiare risalenti all'epoca napoleonica, ci informano eccitati i media di regime, sbrilluccicano su petti bianchi e teste non avvezzi al sussulto, né all'ambascia.

Come in un teatro milanese, in un inutile giorno di dicembre, tra luci scintillanti ed abiti da cerimonia, alla faccia dei popoli in lotta.

La Restaurazione è servita.

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