Ostaggi israeliani furono uccisi da Israele, conferma funzionario
di Leandro Leggeri

Nitzan Alon, ex coordinatore israeliano per la gestione dei prigionieri, ha ammesso che la maggior parte degli israeliani tenuti prigionieri a Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, è stata uccisa dai bombardamenti dell’esercito israeliano.

In un’intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, Alon ha spiegato che molti ostaggi erano arrivati vivi a Gaza ma sono morti poco dopo a causa dei raid aerei israeliani, colpiti per errori di intelligence e “assunzioni sbagliate sul terreno”.

Secondo Alon, il terrore provocato dai bombardamenti israeliani è un elemento ricorrente nelle testimonianze degli ostaggi rilasciati, che hanno dichiarato di temere più le bombe dell’esercito israeliano che i gruppi della resistenza. L’ex funzionario ha inoltre riconosciuto che le proteste delle famiglie dei prigionieri e la pressione interna sul governo hanno avuto un impatto minimo sui negoziati.

Le sue dichiarazioni si inseriscono in un contesto già segnato da numerose rivelazioni sull’uso della direttiva Hannibal il 7 ottobre, ovvero la scelta di colpire anche a rischio della vita dei propri cittadini pur di evitare catture.

Diversi media israeliani avevano già riportato che attacchi aerei e colpi di carri armati israeliani causarono vittime israeliane durante e dopo l’operazione di Hamas, mentre Haaretz ha documentato la morte di almeno 20 prigionieri israeliani a causa dei bombardamenti.

La questione della famiglia Bibas rappresenta uno dei casi più controversi: Alon ha ammesso che il rapimento non fu opera di Hamas e che Israele era a conoscenza dell’identità dei sequestratori, mentre Hamas e le Brigate Mujahideen sostengono da tempo che la famiglia sia stata uccisa da un attacco israeliano e non dai combattenti palestinesi.

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