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08 dicembre 2025
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Egitto: precisazione giuridica sul reato di sodomia
di Leandro Leggeri

Nel suo recente commento alla “Pride Match” Egitto–Iran, il canale Telegram Middle East Spectator — solitamente ben informato sulle dinamiche del Vicino Oriente — afferma che in Egitto gli omosessuali verrebbero puniti con prigione e lavori forzati in quanto la sodomia è un reato. Questa affermazione, però, è tecnicamente errata.

L’attuale sistema penale egiziano non prevede alcun reato di sodomia. Ciò non è un dettaglio, ma una conseguenza diretta della struttura stessa del diritto egiziano moderno.

A partire dalla fine del XVIII secolo, l’Egitto ha intrapreso una profonda riforma giuridica che lo ha portato ad adottare integralmente i codici di derivazione francese: prima nel 1883, poi nel 1904 e infine nel 1937 con il Codice Penale tuttora in vigore. È un sistema di chiara matrice continentale, non un codice penale fondato sulla sharīʿa (شريعة).

La sharīʿa, pur essendo indicata nella Costituzione come “fonte principale della legislazione”, ha in Egitto un ruolo circoscritto: si applica quasi esclusivamente al diritto di famiglia e impone l’obbligo formale di consultare il muftī di al-Azhar prima di una condanna a morte.

Non disciplina le fattispecie penali relative alla sessualità, né esiste nel Codice un articolo equivalente al reato di liwāṭ (لواط, “sodomia”) presente in altri ordinamenti islamici — come quello iraniano — dove tale pratica è esplicitamente criminalizzata e può comportare pene severissime, fino alla condanna a morte.

Perché allora avvengono arresti di persone LGBT+?

Perché la repressione avviene non sulla base della sharīʿa, bensì tramite un uso estensivo e spesso arbitrario della legge n. 10/1961 contro la fujūr (فجور, “dissolutezza”) e la prostituzione.

Il riferimento al caso Queen Boat serve a chiarire come funziona davvero la repressione in Egitto. Nel 2001, 52 uomini furono arrestati durante un raid della polizia su una discoteca galleggiante del Cairo frequentata da persone LGBT+.

Poiché nel diritto egiziano l’omosessualità non è un reato, gli imputati vennero accusati di “dissolutezza abituale” e “offesa ai valori religiosi”, categorie giuridiche volutamente vaghe usate per criminalizzare condotte percepite come immorali.

Il processo — molto pubblicizzato, con foto degli arrestati mostrate alla stampa — divenne il simbolo di un sistema che non punisce “atti omosessuali” in quanto tali, ma li riclassifica sotto accuse elastiche che permettono di aggirare l’assenza di un reato specifico nel Codice Penale.

In altre parole, il problema non è la sharīʿa — che in Egitto non governa il diritto penale — ma la discrezionalità repressiva dello Stato, che utilizza norme laiche di matrice francese reinterpretate in senso moralizzatore.

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