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04 dicembre 2025
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Guerra ibrida dei leader ai cittadini
di Elisa Fontana

E così l’ammiraglio Cavo Dragone, presidente del comitato militare della Nato, ci scodella soavemente sul tavolo il fatto che lassù ai piani alti dell’Alleanza stanno valutando “di essere più aggressivi o proattivi invece che semplicemente reattivi”, che sembra un ameno gioco di parole, ma magari lo fosse.

Ci sta dicendo in pratica, ma perché dobbiamo aspettare che la Russia ci attacchi? Siamo proattivi, facciamolo noi per primi e così la freghiamo. Che a me sembra davvero una bella pensata, proprio geniale. Infatti, prosegue il nostro ammiraglio, se continuiamo solo a reagire quando Mosca ci sfruculia, non facciamo altro che invitarla a continuare su quel piano.

E, invece, mettiamo su un po’ di guerra ibrida senza aspettare che ci attacchi e vediamo l’effetto che fa. Che ad una nazione che detiene 6 mila testate nucleari non credo farà un bell’effetto e non credo nemmeno ci possiamo permettere di essere troppo proattivi, caro il mio ammiraglio.

Ma le parole dell’ammiraglio non devono stupirci più di tanto, immersi come siamo in un delirio guerresco di cui Cavo Dragone è solo l’ultima voce, sebbene con un peso non indifferente.

Ma sono mesi ormai che il delirio ci ha colti, fra prestiti europei per riarmarsi (e l’Italia ha chiesto oltre 14 miliardi al fondo europeo Safe, mentre non abbiamo un euro per curare le persone), Macron e Merz parlano di leva obbligatoria, Crosetto di leva volontaria, il ministro della difesa francese ci dice che dobbiamo cominciare ad entrare in confidenza con l’idea di perdere un figlio in guerra e persino la nostra Garante per l’infanzia e l’adolescenza sta facendo girare per le scuole un questionario di 32 domande che chiede ai ragazzi fra i 14 e i 18 anni cose del tipo “Se il mio paese entrasse in guerra mi sentirei responsabile e se servisse mi arruolerei. Quanto sei d’accordo con questa affermazione?”.

Insomma, un diluvio di iniziative, di parole d’ordine, di scenari, di allarmi che hanno un solo ed unico scopo: la normalizzazione della guerra. Siamo passati da un’epoca in cui tutte le politiche e gli sforzi erano tesi a non ripetere i macelli delle guerre trascorse, a perseguire disarmo e dialogo in cui anche solo pensare a fare guerra era una bestemmia inconcepibile, ad un’epoca in cui piano piano, una piccola dose al giorno ci stanno mitridatizzando, la parola guerra non solo non è più un tabù, ma viene tranquillamente sciorinata sui banchi di scuola, come normale argomento di ricerca e conversazione.

Inutile solo sottolineare chi ci guadagna in tutta questa manovra di aggiramento: sono ovviamente le fabbriche di armi hanno avuto un exploit micidiale e, giusto per fare un esempio, la sola Leonardo nel 2024 ha avuto ricavi in aumento dell’11% rispetto all’anno precedente, ma tutto il comparto mondiale sta facendo ricavi stratosferici.

Non ve lo aspettavate, vero?


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