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03 dicembre 2025
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Noi siamo la memoria che abbiamo
di Rinaldo Battaglia *

Il 3 dicembre 1944 nel mio Veneto, a Sernaglia (TV), venne fucilato dagli uomini della X Mas un giovane partigiano di nome Giovanni Parussolo (“Pasquale”). Per totale disprezzo venne poi anche impiccato nella piazza del paese, con al collo il cartello: “Il piombo della X ai traditori”.

Ma chi erano quelli della X Mas? Non furono solo 'fascisti' ma anche profondamente 'nazisti'.

La Storia documenta che già all’alba del 14 settembre ‘43,il loro capo Junio Valerio Borghese – coi gruppi della sua X a quel tempo sparsi in tutta Italia e persino un gruppo in Spagna al servizio di Francisco Franco – non riconoscendo l’armistizio dell’8 settembre si presentò al generale nazista Max Berninghaus – uno dei più duri uomini di Hitler – e con questi stipulò un ‘contratto di alleanza’ con le Forze Armate del Terzo Reich ‘con parità di diritti e doveri’, come ebbe a dire. L’accordo venne subito ratificato a Verona dal gen. delle S.S. Karl Wolff (che già dal 9 settembre si era insediato in città) e reso operativo all’istante.

Era il 14 settembre ‘43: Mussolini era appena stato liberato dai nazisti, ora in viaggio verso Vienna e poi Monaco e non era ancora nata la Repubblica di Salò. Lo sarà solo il 23 settembre.

Ma Junio Valerio Borghese con la sua X Mas era già avanti e fu storicamente il primo a stringere un patto di Alleanza coi nazisti. Più fascista di così. Del resto il 'Principe Nero' è sempre stato fascista, prima e dopo l’8 settembre ‘43.

Si era iscritto a 20 anni, nel 1926, al partito di Mussolini. Nel dopo guerra nel 1951 si iscriverà al Movimento Sociale di Giorgio Almirante con cui condivise molto se non tutto, almeno fino al 1968 quando passò al Fronte Nazionale, ancora più nell’estrema destra. Peraltro con Almirante Segretario, dal ‘51 al ‘53 fu persino Presidente del MSI con tanto di fiamma tricolore, a ricordo proprio del Duce. E non è un caso che ancora oggi molti siano ‘orgogliosi’ di quella fiamma e che in molti sedi del loro partito ancora oggi siano presenti spesso bandiere e stemmi della X Mas.

La storia politica italiana di Junio V. Borghese si fermò ad inizio 1971 quando dovette fuggire come un ladro in Spagna dal suo amico Franco. Il suo tentativo di colpo di Stato a Roma, nella notte tra il ‘7 e l’8 dicembre 1970 – il ‘non famoso’ golpe Borghese o dell’Immacolata – a cui sembra avessero partecipato ben 20.000 uomini legati la fascismo, non era andato a buon fine. Nessuno di noi ha mai capito la causa di quel fallimento e nessuno dello Stato ce lo ha mai spiegato bene. Chissà poi perché.

E il debutto della X Mas, quale eredità della X Flottiglia Mas operativa nella guerra, contro gli inglesi soprattutto fino all'armistizio – scrivendo peraltro pagine di gloria – iniziò subito dopo l'8 settembre, con una lunga via crucis di eccidi e uccisioni. Si massacrava e si rubava proprio come i nazisti. Talvolta con loro, talvolta da soli. E lo faranno anche dopo.

Basterebbe solo ricordare il nome di un uomo forte della X Mas, Umberto Bertozzi che nella mia Vicenza il 4 giugno ‘47 verrà condannato a morte in quanto giudicato colpevole ‘di oltre 100 omicidi volontari’ (condannato a morte ma poi causa le mille amnistie di allora, salvato e già nel 193 era fuori di galera). O pure i vari rastrellamenti in Toscana o in Liguria (La Spezia) con centinaia di morti o deportati nei lager nazisti. Come quelli del 13 marzo ‘44 tra Sarzana, Santo Stefano Magra, Fosdinovo e Pallerone. E poi soprattutto nel mio Veneto.

Crimini in quantità e qualità, come oltre al caso del giovane “Pasquale”, la rappresaglia del 15 agosto 1944 a Feletto dove un civile e tre partigiani sorpresi in un cortile vennero uccisi a colpi di bombe a mano, oltre ad un altro uomo di passaggio trucidato a colpi di raffica di mitra. Alle 15 i tedeschi si allontanarono. Ma il lavoro per gli uomini della X Mas non era concluso. Continuarono a depredare il paese.

Il giorno seguente, il 16 agosto, quando giunse una colonna composta da fascisti e da tedeschi (comandati dal capitano Baungartner) l'intero paese era stato tutto incendiato ad eccezione della chiesa e dell'asilo del municipio e il bestiame ed il grano totalmente razziati.

Si racconta che quel giorno ad una certa poi sia è arrivato anche il Principe Nero a fare l’analisi della situazione coi suoi uomini: ” tutto questo avete bruciato? ricominciate di nuovo a bruciare . Bruciate ancora , che non è ancora bruciato abbastanza”.

Il 16 settembre ‘44 toccò anche alla terra di casa mia. Quel giorno sui colli vicentini finì quella che venne chiamata la 3^ fase dell’Operazione “Timpano” (12-16 settembre 1944) . Dal 9 al 12 vi era stata la 2° fase. Storicamente si tende a dividerle in più ‘fette’ per renderle tutte meno assassine e terrificanti che prenderle in un’unica sola operazione.

“... Per quattro giorni la popolazione di quei paesi è vissuta nel terrore. Cinque borgate della parrocchia di Molino di Altissimo completamente distrutte; distrutte pure alcune borgate di Crespadoro, qualche casa di Campodalbero e quasi tutto il paese di Durlo. A Campodalbero si asportò tutto il bestiame, in prevalenza composto da pecore, unica sorgente di vita di quella poverissima popolazione.
In tutta l'opera di rastrellamento la popolazione fu derubata di viveri, di indumenti, di denaro e di oggetti di valore. Ad alcune donne fu tolto dalle dita persino l'anello matrimoniale. Nel viaggio di ritorno delle truppe una ragazza di sedici anni, una sposa e un'altra donna furono violentate.
In tutta l'azione nessun ribelle fu preso. Furono invece uccisi cinque capi famiglia, i quali, sicuri della loro condizione, se ne stavano tranquilli al loro lavoro nei campi. Altre cinque vedove con altri innocenti orfani si aggiungono così alla serie già abbastanza lunga creata con le rappresaglie dello scorso luglio nei medesimi paesi".…
Così scriverà il 28 settembre ‘44, il grande Vescovo di Vicenza mons. Carlo Zinato, all'ammiraglio Sparzani, lettera che sarà poi trasmessa al Duce. E tra quei carnefici primeggiava la X Mas del Btg. “NP-Folgore”, 1^ Compagnia.

Nelle stesse ore, sempre del 16 settembre, a Bergiola Foscalina, in Toscana, poco lontano da Fivizzano dove i nazifascisti avevano massacrato interi paesetti. I morti civili allora si contarono in 512, di cui solo 176 nella frazione di Vinca. Molti erano, anche qui, bambini. Alcuni furono impiccati col filo spinato e lasciati essiccare al sole. Oppure legati ai radiatori o alle ruote degli autocarri. A Fivizzano erano stati gli uomini della famigerata 16a divisione Reichfuhrer, quella del “Monco” Walter Reder, quella di Sant’Anna di Stazzema, ma qui bene aiutata dai nostri fascisti ufficialmente. Documenti provano che prima dell’azione su Vinca, ad esempio, Reder chiese aiuto di uomini al colonnello Giulio Lodovici, il comandante della Brigata Nera Mussolini di Carrara.

«Quanti me ne puoi dare?». Subito la risposta: «Cento. In un’ora sono lì».

Fu di parola. Ne arrivarono anche più di cento da La Spezia, quasi tutti uomini della X Mas di Junio Valerio Borghese. Come Giuseppe Diamanti, detto Gatton. Ai suoi commilitoni che gli chiedevano: «Gatton, quali sono oggi gli ordini?», rispondeva sorridente: «Quanti ne volete. Quanti ne ammazzate!». E ora il 16 settembre la X Mas ritornò all’opera a Bergiola Foscalina.

Arrivarono anche lì gruppi di repubblichini da Carrara, sempre guidati dal col. Lodovici. Radunarono sul cortile della scuola tutti quelli che trovarono. Almeno 90 persone, di cui 29 bambini o ragazzi e 43 donne. Li uccisero tutti con mitragliatrici e bombe a mano.

Il locale maresciallo della Guardia di Finanza, Vincenzo Giudice, cercò inutilmente di fermare l’eccidio, offrendosi anche come ostaggio. Fu assassinato, assieme alla moglie e ai figli.

Qualcuno disse – anni dopo – che anche questa è stata una rappresaglia ordinata dal solito Max Simon, per l’uccisione di un tedesco avvenuta nel primo pomeriggio. Non fu mai provato. Anzi secondo i giudici di Perugia qui non c’erano motivazioni di rappresaglie. Neanche a cercarle col lanternino. Erano – dice la sentenza – «ordini generali del comando tedesco, tendenti ad eliminare le forze partigiane, facendo terra bruciata intorno a loro».

Il processo si chiuse con alcune condanne all’ergastolo, ma visto che v’era stata l’amnistia del 1946 e successive leggi a favore, alla fine solo qualcuno si fece pochi anni di carcere. Unica nota positiva: il Maresciallo Vincenzo Giudice fu insignito della Medaglia d’oro al valore militare. Un onore meritato.

E il rosario delle ‘gesta’ degli uomini della X Mas potrebbe continuare.

Ma forse per oggi è sufficienza così, tanto chi vuol ascoltare ascolta, chi vuol onorare la X Mas, trova maglie da indossare in tv o generali che lo esaltano oppure sedi di partito sempre pronte e disponibili.

Io resto tra quelli invece che preferiscono onorare il giovane partigiano 'Pasquale' anche se non ho visto nessuno mai indossare una maglietta in tv col suo nome o qualche politico esaltarlo con onore.

Il grande Josè Saramago diceva anni fa che:

'Noi siamo la memoria che abbiamo
e la responsabilità che ci assumiamo.
Senza memoria non esistiamo
e senza responsabilità non meritiamo di esistere'.
Noi oggi in Italia che 'memoria abbiamo'?
E, peggio ancora, 'meritiamo di esistere'?

3 dicembre 2025 – 81 anni dopo - liberamente tratto dal mio ‘La colpa di esser minoranza’ - ed. AliRibelli - 2021

* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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