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Ruandesi: la negazione come meccanismo di difesa
di Laurent Luboya
Spesso ci chiediamo perché alcuni tutsi ruandesi, vittime di genocidio nel proprio paese, neghino o minimizzino i crimini commessi nella Repubblica democratica del Congo dai loro leader per quasi trent'anni.
È una domanda complicata e molto interessante, perché tocca psicologia collettiva, identità nazionale, propaganda e meccanismi di giustificazione morale. Questo non è solo Ruanda o Ruandese, ma comportamenti umani che si trovano ovunque di fronte ai crimini commessi dai "nostri leader" o dal "nostro gruppo".
Ecco una spiegazione strutturata:
1. Indottrinamento e propaganda
Il regime di Kagame ha costruito un controllo molto rigido delle informazioni per decenni:
- Media pesantemente inquadrati o censurati,
- Educazione che glorifica il ruolo del FPR nel genocidio del 1994
- Narrativa ufficiale: il FPR protegge il Ruanda e combatte contro i "nemici" come le FDLR.
In questo contesto, molti ruandesi vedono o sentono solo la versione ufficiale, che rende difficile riconoscere i crimini altrove.
2. Il pregiudizio di lealtà e identità nazionale
- Psicologicamente, gli individui tendono a proteggere l'immagine del proprio gruppo o dei leader, specialmente quando sono associati ad un evento fondatore (qui, il genocidio del 1994).
- Riconoscere i crimini del regime sarebbe come ammettere che i "nostri eroi" sono dei killer.
- È una lesione d'identità: molti preferiscono negare, minimizzare o razionalizzare la violenza per mantenere coerenza morale e nazionale.
3. Paura e oppressione
In Ruanda, esprimere opinioni critiche su Kagame o sull'esercito può essere pericoloso:
- arresti arbitrari,
- scomparsa di giornalisti o oppositori,
- soppressione di qualsiasi dissenso.
Così anche chi conosce la verità può tacere o inventare scuse per proteggere la propria vita o quella dei propri cari.
4. Giustificazione morale e relativismo
Molti usano argomenti di attenuazione:
- "È per la sicurezza del Ruanda"
- "Le vittime sono nemiche del Paese"
- "FDLR deve essere punito, quindi i mezzi sono giustificati",
Questo è un modo per razionalizzare l'inaccettabile: trasformiamo la violenza in necessità o autodifesa.
5. Memoria selettiva
Dopo un trauma nazionale come il genocidio, la narrazione ufficiale privatizza ciò che valorizza il gruppo e oscura ciò che disturba.
- Ricordiamo la sofferenza che abbiamo sopportato,
- Dimentichiamo quelli inflitti altrove, specialmente se non colpiscono i "nostri cari".
Questo meccanismo di memoria selettiva è universale nella storia dei popoli.
6. La dipendenza dalla dieta
Infine, il Ruanda di Kagame è molto centralizzata:
Molti sono economicamente o socialmente dipendenti dallo stato, esprimere un disaccordo potrebbe mettere a repentaglio il loro status o il loro sostentamento.
Ciò incoraggia una forma di censura interna, dove la giustificazione diventa un riflesso automatico.
Non è tanto una questione di "cattiveria intrinseca" tra i ruandesi, ma un misto di propaganda, paura, identità collettiva, razionalizzazione morale e interesse personale.
Questo è esattamente lo stesso meccanismo visto in molte altre società che si occupano dei crimini del proprio gruppo: negare, relativizzare o giustificare per preservare la coerenza psicologica e sociale.
 
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