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01 dicembre 2025
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I polli di Giorgia
di Elisa Fontana *

Adesso che il clamore sugli inviti ad Atreju pare essersi placato un po’, anche se gli strascichi persistono, mi piacerebbe fare alcune riflessioni politiche che dal particolare possano arrivare al generale.

La storia dell’invito di Meloni a Schlein a partecipare ad Atreju nasce malissimo. Innanzitutto perché chiunque riceva un tale invito e milita decisamente altrove deve immediatamente pensare in termini politici, ad un invito che possa nascondere strategie propagandistiche da parte della regina indiscussa e incontrastata della propaganda più becere a falsa.

Ma prioritariamente, e sottolineo prioritariamente, prima di qualsiasi calcolo politico sarebbe dovuto intervenire un sussulto ideologico. Ma cosa ci vado a fare ad Atreju a discutere con la discendente diretta di Almirante e del fascismo, cui ho chiesto ininterrottamente (e anche un po’ ridicolmente) ma, ovviamente invano, di dichiararsi antifascista, che non solo coerentemente non l’ha mai fatto, dichiarando di fatto la propria aderenza politico-ideologica al nocciolo di quel regime, ma ha messo in atto politiche grettamente securitarie, inabissandosi quando qualche peccatuccio da ventennio veniva immortalato, dall’organizzazione giovanile del partito ai pezzi grossi nelle regioni o all’Europarlamento, dando di fatto copertura politica a gente che teoricamente (in Italia molto teoricamente) è fuori dalla legge.

Ideando e portando pervicacemente a termine un progetto razzista e illegale di deportazione di esseri umani salvati da naufragio fuori dai confini nazionali, in barba a tutte le leggi e convenzioni internazionali. Gridando sguaiatamente contro il potere giudiziario non appena un giudice abbia osato applicare la legge, mostrando la patina di illegalità con la quale si perseguivano i fini politici.

Minando coscientemente e scientificamente le strutture della Repubblica nata da quella odiata Resistenza: e via con l’autonomia differenziata, via con il premierato che ha come unico scopo dotarci di un capo che decide tutto e che svuota totalmente la figura di garanzia del presidente della Repubblica e via con la riforma della magistratura per rendere più agevole picconarne l’autonomia e l’indipendenza.

Ecco, avrebbe dovuto dirsi Schlein, di cosa vado a discutere ad Atreju con gente così? E avrebbe dovuto capire che era un invito rivolto esclusivamente alla propria legittimazione politica da parte di Meloni che soffre, comunque, del complesso di Calimero e vuole essere accettata come interlocutrice alla pari dalle altre forze politiche. Ecco, Meloni la legittimazione l’ha certamente ottenuta dalle urne, siede legittimamente a Palazzo Chigi scelta dalla maggioranza di quella minoranza che l’ha votata e ciò le dovrebbe bastare.

Ma la segretaria di un partito erede di due partiti che la tradizione antifascista l’avevano certamente introiettata non può davvero pensare di andare a legittimare politicamente la nipotina di Almirante. Una sola cosa avrebbe dovuto fare Schlein, ringraziare per il cortese invito e rimandarlo a quando Meloni si sarebbe presentata regolarmente alle conferenze stampa da cui fugge costantemente da tre anni. Avrebbero così avuto molti argomenti su cui dibattere, argomenti che fino ad oggi sono avvolti nelle nebbie delle sue fughe e dei suoi molteplici posizionamenti politici a seconda di dove soffia il vento della convenienza.

Invece abbiamo assistito all’accettazione condizionata dell’invito che ha permesso alla regina della propaganda di tirare dentro Conte, immediatamente disponibile, dichiarare che non è lei a scegliere il leader del centro sinistra, e lasciarli entrambi con il cerino in mano. Risultato? Lei sta facendo ancora propaganda, Conte e Schlein per interposti sodali sono lì che si becchettano come i capponi di Renzo.

Bellissimo lavoro quando si dimenticano i fondamentali e la politica diventa solo arte del posizionamento più o meno conveniente. Si rischia però di non avere lo sguardo lungo e limitarsi alla polemica del giorno, magari con quello che dovrebbe essere alleato. Serve questo? Ma, soprattutto, ci voleva un genio per capire il giochetto e disinnescarlo? E, infine, avete mai frequentato i discorsi di Pajetta, Pertini, Berlinguer? Non credo davvero, perché quelli una bussola ideologica ce l’avevano e la applicavano senza tentennamenti.

Qui di bussola non si vede l’ombra, salvo lamentarsi se troppe persone arcistufe se ne stanno a casa e non votano, perché vi sembrerà strano ma ci sono ancora persone in giro per cui la parola sinistra ha un senso ben preciso. E non è di certo il vostro.

* Coordinatrice Commissione Politica e Questione morale dell'Osservatorio


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