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Caso Shahin: giornalisti che sbagliano debbono essere criticabili
di
Roberto Preve
La Stampa, quotidiano di Torino, si è fatta portavoce di una campagna a favore dell'espulsione di un Imam che vive a Torino da una ventina di anni. Senza la Stampa non sapremmo neppure chi è.
Questo Imam è vicino alla Fratellanza Musulmana, che a me non piace particolarmente ma che non è assolutamente una organizzazione terroristica ma un partito religioso politico.
Non lo sarà neppure se Trump e alcuni Stati suoi amici decidessero di includerla in uno di questi elenchi della vergogna di organizzazioni terroristiche (vergogna per chi li mette giù intendo) ma per ora questo non è neppure avvenuto.
Ha detto questo signore che il 7 Ottobre era un atto di resistenza in risposta all'occupazione, senza fine, della Palestina. Tale dichiarazione è più o meno esatta anche se tale azione viene poi condannata come ha fatto lo stesso Imam. Rientra nella piena libertà di parola.
Il giornale la Stampa ha travalicato ogni limite di decenza in questa vicenda e ha violato l'etica giornalistica, ad esempio ha titolato L'IMAM CHE NEGA IL 7 OTTOBRE! Titolo falso e chiaramente volto a confondere, rispetto al caso di cui si occupava.
Bisogna condannare l'attacco alla piccola stanza del giornale la Stampa - che incidentalmente non è la redazione - che non ha fatto male a nessuno, ma non è che i giornalisti abbiano un lasciapassare speciale per mentire e per rovinare la vita alle persone.
I giornalisti sono come tutti gli altri. Pertanto devono poter essere oggetto di critica anche se subiscono una violenza materiale. Da parte loro sono sempre pronti a giustificare ogni violenza materiale e fisica che sia diretta contro i nemici del sistema.
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