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27 novembre 2025
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A 9 anni senza entrambe le braccia
di Armando Reggio

A GAZA LE FERITE SONO INGUARIBILI, LA RESISTENZA È IMMORTALE

L'immagine di Mahmoud Ajjour sembrava straordinaria, quando ha assalito il nostro sguardo un anno fa.

A Gaza è l'ordinarietà. Sono migliaia i bambini e gli adolescenti, che a Gaza assomigliano a Mahmoud.

Ka sua foto sulla prima pagina del New York Times di un anno fa non vuole infondere pietà: documenta la normalitá: "amputazioni, corpi sfigurati, danni cerebrali".

È una prova, fra le innumerevoli.

'Effetti collaterali'? No, cosciente strategia.

Devastazione necessaria per gli straparlanti analisti di geopolitica, che chiamano guerra il massacro preordinato di un esercito contro un popolo.

Sì chiama genocidio.

Quei bambini sono violati per tutta la vita... e non solo nel corpo.

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MAHMOUD A 9 ANNI SENZA PIÙ BRACCIA, A GAZA

“Quando si è reso conto per la prima volta di avere le braccia amputate, la prima frase che ha detto è stata: ‘Come farò ad abbracciarti?”.

Sono le parole della madre di Mahmoud Ajjour, un bambino di nove anni, che a marzo del 2024 ha perso le braccia per generoso altruismo: colto di sorpresa da un raid aereo israeliano - uno delle migliaia -, anziché correre per rifugiarsi, si è fermato per voltarsi a incitare i suoi familiari a non indugiare.

Ma in quello stesso istante l’esplosione gli ha reciso un braccio e ferito gravemente l’altro, che gli si è dovuto poi anch'esso amputare. A Gaza, sotto l'ennesimo bombardamento israeliano.

Mahmoud, a nove anni senza entrambe le braccia.

Sguardo perso in un pensiero, nel suo imperscrutabile pensiero, sospeso tra innocenza e consapevolezza e il corpicino smagrito: è il suo ritratto caravaggesco catturato dalla fotografa palestinese Samar Abu Elouf, che ha vinto il premio World Press Photo of the Year.

Da solo, oltre i morti ammazzati e la distruzione: dice in silenzio tutta la sofferenza della Terra. Intimo e dignitoso, delicatissimo, quando tutto è perduto o sembra a noi: per il fiero popolo palestinese nulla mai è perduto. Sopravvive resistendo. E così Mahmoud.

Mahmoud, simbolo delle mille generazioni ferite, che al futuro, sia pure minacciato da uno stato terrorista, destina le proprie cicatrici. E allora la sua immagine è, oltre che arte, atto politico, più efficace di qualsivoglia parola, anche la più incisiva.

Sì, perché cattura il nostro sguardo, risvegliando il fuoco della passione di lottare. Perciò, lo scorso sabato eravamo in piazza a Milano, nel cuore le migliaia incalcolabili di Mahmoud.

E Milano era bellissima!

La foto di Mahmoud con le altre premiate saranno in una mostra itinerante: in Italia verrà ospitata a Genova, Roma, Torino, Bologna, Bari e Lucca.

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