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Libano: Israele minaccia una nuova guerra
di Leandro Leggeri
Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha lanciato oggi una delle minacce più esplicite degli ultimi mesi: se Hezbollah non deporrà le armi entro il 31 dicembre 2025, Israele “agirà con forza” in Libano per disarmarlo militarmente.
Un ultimatum che, secondo Katz, avrebbe anche l’avallo di Washington.
Il ministro ha dichiarato alla Knesset che “non ci sarà calma a Beirut né stabilità in Libano finché la sicurezza di Israele non sarà garantita”, citando l’assassinio di Haitham Ali al-Tabtabai, capo di stato maggiore di Hezbollah, ucciso giorni fa in pieno quartiere meridionale della capitale.
L’attacco israeliano ha causato decine di feriti, tra cui donne e bambini, ed è stato definito da Hezbollah “un passo che Israele dovrà temere”.
Katz ha anche minacciato di ritirarsi dall’accordo sulle frontiere marittime del 2022, sostenendo che l’intesa sarebbe “piena di punti deboli”.
Il governo libanese, intanto, ha appena finalizzato un nuovo accordo marittimo con Cipro, mentre resta bloccato l’accesso ai potenziali giacimenti di gas nel campo di Qana, per via dei continui ritardi del consorzio occidentale incaricato delle esplorazioni.
Nel frattempo, gli Stati Uniti intensificano le pressioni su Beirut affinché imponga – con la forza, se necessario – il disarmo totale di Hezbollah.
Una richiesta che in Libano viene percepita come il preludio a un possibile conflitto interno, dato che il movimento sciita rifiuta qualsiasi discussione sulle sue armi finché Israele continua a colpire il paese e ad occupare aree nel sud.
Dall’inizio del mese, Israele ha ucciso almeno 38 persone in Libano; dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, il bilancio supera già le 300 vittime.
Nel sud, l’esercito libanese sta smantellando le postazioni di Hezbollah a sud del Litani come previsto dalla tregua, ma le nuove minacce israeliane rischiano di far saltare ogni fragile equilibrio.
L’ultimatum di Katz arriva alla vigilia della visita in Libano di Papa Leone XIV, sotto una crescente tensione regionale e con la possibilità sempre più concreta che il prossimo fronte di guerra si apra a Beirut e lungo la frontiera meridionale.
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