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25 novembre 2025
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Non esiste un potere buono
di Rossella Ahmad

Una sola cosa mi sento di asserire con sufficiente sicurezza, ed è che non esiste un Potere buono e che in nessun caso lo stato operi per il bene dei suoi cittadini.

L'ho imparato che ero una pischella e tutto ciò che è avvenuto dopo, ed avviene di continuo nel dipanarsi degli eventi, me ne dà la conferma. Ogni giorno della mia vita.

Gaza avrebbe dovuto gettare alle ortiche le ultime maschere residue sulla impresentabilità di governi espressione della salvaguardia dei diritti delle élites, e solo di quelli.

E invece.

Non mi riferisco al caso particolare, né desidero gettarmi nella mischia di un discorso pubblico altamente polarizzato, in cui non vi è spazio per le sfumature e le posizioni intermedie, in una infantilizzazione costante delle istanze e della realtà, che è sempre più complessa del sistema binario e della sistemazione immotivata del pensiero in un casellario arbitrariamente costituito ed in cui le opinioni consentite sono solo e sempre due.

Non mi si parli però di stato etico, massima espressione della moralità collettiva. Lasciamo questo concetto allo studio della filosofia e caliamoci invece nel mondo reale, fatto di persone più o meno corruttibili. Più o meno perbene. Talvolta molto corruttibili e molto poco perbene.

I governi che rappresentano gli stati, con pochissime eccezioni, sono fatti di uomini di tal genere. E, ribadisco, se esistesse seppur lontanamente uno stato etico di hegeliana memoria, non avrebbe partecipato alla distruzione sistematica di una terra sotto occupazione. Né taciuto quando i bambini trucidati a Gaza cominciavano a contarsi in migliaia.

Se invece lo stato è un compromesso tra il Potere e le masse, il patto sociale, anzi contrattuale, su cui esso si fonda è venuto già meno innumerevoli volte. Il Leviatano ha tradito il patto e medita di liberarsi delle masse sempre più incazzate nelle maniere più creative possibili.

Lo stato di polizia che sostituisce il contratto sociale. Il tradimento di tutte le chimere nelle quali avevamo creduto fino a che non sopraggiungesse l'età della consapevolezza mai così palese e sfacciato.

Cadute le ideologie - restano solo i decerebrati zavorra di ogni società umana a beccarsi sul web a suon di "sinistrati", "zecche" e "fasci": le oche starnazzanti conservano più dignità di costoro - siamo definitivamente soli in una nuova Restaurazione che stringe la tenaglia con una forza ed una violenza mai sperimentate prima. Parlo dell'epoca contemporanea, ovviamente, da quando cioè si deliberò che ciascun essere umano fosse titolare di diritti per il solo fatto di essere nato e di esistere su questo pianeta.

Ditemi dove sono i diritti dell'Uomo. Calpestati dal nord al sud, dall' est all' ovest, di questa terra sferzata dall'ingiustizia, dove ogni essere umano può arbitrariamente sperimentare sulla sua pelle la sopraffazione dell'abuso, che diviene persecuzione quando tocchi gli anelli più deboli della catena.

Mi si spieghi in altro modo la possibile espulsione dal paese in cui vive e lavora - il nostro - di un uomo innocente, incensurato, perbene, verso uno stato - il suo - che pratichi la tortura ed applichi la pena di morte per i dissidenti politici. Senza altra motivazione né colpa, che non sia quella di aver protestato contro il genocidio del popolo palestinese.

George Orwell, nel delineare la società futura rispetto all'epoca nella quale viveva, e che incidentalmente è quella nella quale viviamo noi, lanciò un monito a proposito dello stivale che schiacciava un volto umano: non lasciate che accada.

Come scrive Agamben, "in una società ingiusta e falsa, possiamo solo attestare la presenza del giusto e del vero, possiamo solo, nel mezzo dell'inferno, testimoniare del paradiso".

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