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Framing Gaza
di Rossella Ahmad
"Framing Gaza" è uno dei tanti studi condotti in ambito accademico e/o giornalistico a partire dall'ottobre 2023 che analizzano e quindi smascherano la parzialità dei media occidentali a favore di Israele, la quale si esplica nell' enfatizzazione della narrativa israeliana e nell' oscuramento delle prospettive palestinesi, del contesto e della verità storica.
Dedico lo studio soprattutto ai sionisti nostrani che, in un determinato momento della loro hasbara sfrontata e continuativa, che mira a cancellare la realtà, avevano addirittura blaterato di una fantomatica Spectre palestinese che dirigeva media e stampa globale. A loro perenne vergogna, il web è pieno di studi accurati sulla questione. Basta cercare lì, se proprio non sia sufficiente l'esperienza personale di ciascuno.
E, ribadisco, la loro hasbara compulsiva è stata parte della scorta mediatica che ha sostenuto, appoggiato e giustificato un genocidio - il primo in live-streaming come sottolineato da Blinne Ni Ghralaigh, membro del team legale sudafricano presso la Corte Internazionale di Giustizia - che è soprattutto infanticidio.
Realizzato nel 2024, pubblicato online nell'ottobre 2025, lo studio fa riferimento ad un "habitat post-verità", in cui i valori giornalistici essenziali, come l'accuratezza, l'indipendenza e l'equilibrio, vengono messi da parte a favore di una narrativa parziale," con omissioni selettive dei fatti e con netta predominanza delle fonti ufficiali del governo israeliano rispetto a voci giornalistiche imparziali, equilibrate e indipendenti. Questa rappresentazione distorta decontestualizza, destoricizza e travisa la complessità del conflitto, rafforzando al contempo le dinamiche di potere e le egemonie esistenti".
Enfatizza inoltre, attraverso diversi "case study", il tradimento dei principi fondamentali dell'etica e della deontologia giornalistica, riassunti nell'imperativo morale della verità, nell'imperativo intellettuale del contesto e nell'imperativo politico dell'indipendenza.
I casi presi in esame sono essenzialmente tre, ciascuno per ogni imperativo violato: quello dei 40 bambini decapitati a Kfar Aza e degli stupri di gruppo attribuiti ad Hamas, entrambi basati su false testimonianze e prove mai verificate. Cito letteralmente dallo studio: "Anche quando i funzionari israeliani hanno confessato la mancanza di prove riguardo alle accuse di stupro o alla "militarizzazione della violenza sessuale", i media occidentali hanno ampiamente ignorato queste confessioni, spostando l'attenzione su altri eventi, guidati ancora una volta da politici e militari israeliani.
All'inizio del 2025, il procuratore israeliano Maron Gaz ha dichiarato a Yedioth Ahronoth che, a più di 16 mesi dagli attacchi del 7 ottobre, non era stata presentata alcuna denuncia ufficiale per stupro o violenza sessuale (citazione Curiel 2025)".
Per ciò che riguarda il contesto, i media occidentali lo hanno deliberatamente ignorato, nascondendo ai loro fruitori che gli attacchi di Hamas sono maturati in una situazione di pluridecennale occupazione militare ed apartheid, che ha sistematicamente violato i diritti fondamentali dei palestinesi, condannandoli alla persecuzione ed alla segregazione secondo la citazione di Human Rights Watch del 2023.
L'omissione del contesto ha legittimato la stampa a parlare di "rappresaglia" israeliana, in una cornice a-storica in cui le azioni della Resistenza vengono presentate come isolati atti di aggressione più che come risposta ad una oppressione sistematica.
Per ciò che concerne l'indipendenza, basti citare un dato: da ottobre 2023 Israele ha autorizzato oltre 2800 giornalisti a lavorare nel paese, a nessuno dei quali però è stato concesso un accesso indipendente a Gaza. Steve Hendrix, capo dell'ufficio di Gerusalemme del Washington Post, dichiarò a Voice of America che l'esercito israeliano "non vi lascia entrare nessuno se non tramite visite guidate molto rigide e controllate".
I media più schierati, quelli italiani.
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