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23 novembre 2025
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Gaza: chi abiterà le nuove comunità sicure?
di Leandro Leggeri

IL “BOARD OF PEACE” DI TRUMP VALUTA L’ESPROPRIO DELLE TERRE A GAZA PER COSTRUIRE LE NUOVE “COMUNITÀ SICURE” PROGETTATE DA USA E ISRAELE

Secondo un’inchiesta di Haaretz, rilanciata da The Cradle, il nuovo “Board of Peace” guidato da Donald Trump – l’organo straordinario creato dalla recente Risoluzione ONU sul “piano di pace per Gaza” – sta discutendo la possibilità di espropriare i terreni appartenenti ai palestinesi sfollati dall’area orientale della Striscia, oggi direttamente occupata dall’esercito israeliano.

Fonti diplomatiche citate dal quotidiano israeliano affermano che l’ipotesi più avanzata prevede l’esproprio con compensazione economica, mentre resta aperta la questione cruciale: chi potrà andare a vivere nelle nuove “safe communities” che Washington vuole costruire nella metà della Striscia sotto controllo israeliano? E soprattutto: i palestinesi proprietari di quelle terre potranno mai tornarci?

I diplomatici parlano di un processo che “si sta muovendo molto rapidamente”, con decisioni prese direttamente alla Casa Bianca in coordinamento con il governo israeliano. Sul terreno è operativo il Civil-Military Coordinating Center (CMCC), ma con un ruolo puramente tecnico: alcune delle 200 unità statunitensi inizialmente dispiegate in Israele sono già state ritirate per lasciare spazio al Board of Peace.

Per molti palestinesi, il rischio è chiarissimo: che l’esproprio delle terre sia il preludio alla creazione di nuovi insediamenti israeliani, replicando dinamiche già viste nel 1948 e nel 1967. È una delle ragioni per cui, nonostante due anni di bombardamenti, la popolazione ha scelto di rimanere su ciò che resta delle proprie case e dei propri terreni, per evitare un nuovo Nakba.

Parallelamente, cresce lo scetticismo dentro gli stessi apparati statunitensi. Documenti ottenuti da POLITICO rivelano dubbi profondi sulla possibilità di dispiegare la International Stabilization Force (ISF), la forza multinazionale che dovrebbe “tenere la pace” a Gaza e disarmare Hamas su mandato USA-Israele. Nessun Paese finora ha accettato di inviare truppe: né europei, né arabi, né alleati regionali come l’Azerbaigian, che ha escluso “di mettere in pericolo i propri soldati”.

Senza ISF, lo stesso Netanyahu conferma che Israele sarà pronto ad assumersi l’intera missione di “demilitarizzazione” dell’enclave. Gli USA, nel frattempo, esplorano soluzioni parallele come l’impiego di società militari private: la statunitense UG Solutions, già attiva nei punti di distribuzione degli aiuti, starebbe avviando nuove campagne di reclutamento.

Si delinea così un quadro in cui la governance post-bellica di Gaza rischia di trasformarsi in una combinazione di espropri, amministrazione straordinaria e militarizzazione, con un ruolo palestinese ridotto ai margini e con effetti imprevedibili per il futuro della Striscia.

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