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20 novembre 2025
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Definisci bambino
di Rossella Ahmad

Circola ancora l' immagine edulcorata di due bambini che si tengono per mano. Uno indossa una kufiya, l'altro una kippa. È ovviamente un'immagine non reale, ricavata con l'ausilio dell'IA, e debbo dire che mi irrita enormemente. Perché è un'immagine senza senso, che rimanda ad un buonismo di maniera, ad un pacifismo di facciata e, definitivamente - almeno per me - alla mancata comprensione di ciò che sta accadendo. Ed è sconfortante.

Come ripeterlo ancora? Quale linguaggio utilizzare?

Non è una guerra. Non è inimicizia tra adulti. Non è odio religioso, o etnico, o tribale, o familiare, o personale. Né roba che si ricomponga con una pacca sulla spalla o con la speranza nella prossima generazione. E non è neanche la furia improvvisa degli elementi, per cui con chi vuoi prendertela È un progetto malvagio di colonialismo d'insediamento, che utilizza il genocidio come ultima ratio per sbarazzarsi dei nativi.

Che si serve della mano della superpotenza per portarlo a termine - è di ieri un piano di sottomissione infinita, determinante secondo la logica coloniale che inficia persino l'organizzazione delle nazioni unite. Che utilizza ogni mezzo a sua disposizione per sancire la fine del problema palestinese - centinaia di migliaia di tonnellate di esplosivo sganciate in 776 giorni su un territorio esiguo, accerchiato come un carcere di massima sicurezza da ogni lato, più una corazzata mediatica e finanziaria dalla potenza e pervasività illimitate.

Ma i bambini, signora mia.

Allora, ve li spiego io, i bambini. Quelli con la kippa sono nelle loro confortevoli case, case sottratte ai palestinesi ovviamente, sono andati a scuola stamani ed hanno imparato che vivono in quella terra per volere di Dio, anche se in famiglia si parla polacco. Hanno pranzato - cibo iperproteico, vitaminizzato, super controllato e sempre fresco - giocato, guardato la TV ed ora sono nei loro bei lettini caldi, con la mamma ed il papà che li spiano orgogliosi da uno spicchio di porta socchiusa.

Quelli con la kufiya - quelli che sono ancora in vita, intendo - non vanno a scuola da oltre un anno - le scuole non esistono più, e non hanno cenato. Cibo in scatola, cibo per cani, cibo scaduto, cibo distrutto prima ancora di giungere. Interi camion di alimenti sequestrati e vandalizzati, denuncia l'UNRWA.

Ognuno di essi ha un padre o una madre, o entrambi i genitori, i fratelli, le sorelle, i nonni e gli amici fatti a pezzi, morti d' inedia o per mancanza di semplici antibiotici. Vivono in tende che solo per la cura e l'ingegno dei loro familiari possono essere considerate rifugi. Ora che piove, l'acqua vi entra a rivoli, scava fiumi laddove c'erano giacigli, fiumi di melma e fango che lambiscono piedini nudi, gambe rinsecchite, vestitini logori.

Andrà peggio con il freddo, quando i venti gelidi sferzeranno le tende, le ribalteranno, le ridurranno a brandelli, le schianteranno ancor più che il fosforo bianco. Immaginate i vostri bambini, per favore. È essenziale immaginare se stessi ed i propri figli per poter capire. E forse neanche si riuscirebbe.

Però dai. Facciamoli abbracciare, 'sti bambini.

È colpa dei grandi, degli uni e degli altri - mi raccomando, il capello sempre spaccato in parti uguali - se i bambini soffrono, e la guerra è la fine di ogni umanità, e sogno la pace nel mondo, e non ci sono più le mezze stagioni e via così, da una banalità all'altra.

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