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Israele chiede alla CPI revoca dei mandati contro i suoi ministri
di Gabriella Mira Marq
Nonostante abbia precedentemente disconosciuto la giurisdizione della Corte Penale Internazionale, Israele ha ufficialmente presentato una richiesta alla CPI per revocare i mandati di arresto emessi nei confronti del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dell'ex Ministro della Difesa Yoav Gallant, chiedendo anche l'incompetenza del Procuratore Karim Khan a gestire casi relativi a Israele. Lo ha annunciato lunedì il Ministero degli Esteri israeliano.
Il mese scorso, la Corte aveva respinto un ricorso presentato da Tel Aviv per annullare i mandati di arresto emessi nei confronti del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dell'ex Ministro della Sicurezza Yoav Gallant, entrambi accusati di aver commesso crimini di guerra e crimini contro l'umanità nella Striscia di Gaza.
In una dichiarazione, la CPI ha stabilito che la revoca dei mandati "non era una questione impugnabile", ribadendo la sua precedente conclusione secondo cui i due funzionari hanno responsabilità penale per le atrocità commesse durante la guerra in corso a Gaza.
Israele ha presentato oggi una mozione alla Camera d'Appello della CPI per inabilitare il Procuratore Karim Khan a partecipare ai procedimenti riguardanti Israele. Inoltre, Israele chiede alla corte di revocare i mandati di arresto infondati emessi dal pubblico ministero contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant", ha affermato il ministero.
Il Ministero degli Esteri ha accusato Khan di faziosità politica, sostenendo che le sue azioni miravano a distogliere l'attenzione pubblica dalle continue accuse di molestie sessuali nei suoi confronti.
La CPI aveva emesso mandati di arresto per Netanyahu e Gallant a fine novembre 2024, a seguito della richiesta di Khan presentata all'inizio di quell'anno. Khan afferma che i due sono responsabili di crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi durante il genocidio israeliano a Gaza, iniziato nell'ottobre 2023.
Khan ha incontrato gravi ostacoli da quando a febbraio l'amministrazione Trump gli ha imposto sanzioni, perché si trova impossibilitato a usare i servizi informatici e finanziari forniti da compagnie statunitensi.
Queste sanzioni hanno ostacolato il lavoro della corte, congelando i conti bancari di Khan, interrompendo il suo accesso alla posta elettronica e avvisando il personale americano della CPI del potenziale arresto se si fossero recati negli Stati Uniti. Questa decisione ha sollevato serie preoccupazioni sul futuro della CPI e sulla sua capacità di condurre indagini sui crimini di guerra.
Le sanzioni hanno fatto seguito alla decisione della CPI di novembre scorso di emettere mandati di arresto per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex Ministro della Sicurezza Yoav Gallant. I mandati li accusavano di crimini di guerra legati alle azioni intraprese nell'assalto dell'occupazione israeliana alla Striscia di Gaza.
Per rappresaglia, l'amministrazione Trump ha sanzionato Khan e gli ha impedito di entrare negli Stati Uniti, insieme ad altri membri non statunitensi dello staff della CPI, minacciando multe e carcere per chiunque fornisse supporto finanziario o tecnologico al procuratore.
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