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09 novembre 2025
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Senso di ingiustizia e di impunità
di Rossella Ahmad

In Cisgiordania la stagione delle olive continua, nonostante i branchi di villangers che sbucano all'improvviso come serpi, colpiscono con sassi e bastoni contadini palestinesi ed internazionali giunti per schermare i nativi con la loro presenza, depredano, saccheggiano, lanciano improperi e maledizioni, bruciano gli olivi e se ne vanno.

Coloni giunti dalle selve mitteleuropee per rendere la vita dei palestinesi la più miserabile possibile, affinché vadano via. Arrivano nei villaggi di notte, come le bande del Ku Klux Klan del Mississippi segregazionista, appiccano il fuoco ai raccolti, uccidono il bestiame e scivolano via.

Il senso di ingiustizia e di impunità ti tronca il respiro prima che esso giunga ai polmoni. Non avere una legge alla quale appellarsi. Il Medioevo che incombe con guerre di conquista e colonialismo, ma solo nelle dolci colline della terra santa.

Un mio contatto, su queste pagine, si commosse per un piccolo villanger in treccine, che avendo minacciato con un bastone due anziane native ne aveva ricevuto uno sguardo di sfida e uno sputo. Il massimo del Sumud palestinese sfanculato da elementi col sedere al caldo, nati e cresciuti nel rispetto dei diritti, senza alcun particolare merito.

Ho il cuore ancora affranto per ciò. Posso dimenticare tutto, ma non l'infamia.

Due giorni fa, gli stessi villangers sono entrati come padroni in una casa di Haribat al-Nabi e l' hanno vandalizzata, minacciando con i pugni gli anziani coniugi che la abitavano, e spintonandoli con spudoratezza. Il sionismo nella sua forma più plastica. Più disturbante.

Ma per provare disturbo di fronte ad una versione di Funny Games moltiplicata per mille e poi per settantasette devi avere un cuore vibrante, e non tutti lo possiedono evidentemente.

Dimentichiamoci di chi continui a difendere l'indifendibile. La fine dell'umano per come lo intendiamo noi. Non ti curar di loro, ma guarda e passa. Parliamo invece di un'intera società colonica, chiusa all'interno di uno psicodramma da cui non esce. Lo psicodramma di un'identità rubata.

Un video raccolto in rete ne dà tutto il senso: un colono israeliano siede sulla nuda terra palestinese mentre fa bollire l'acqua per il tè su un piccolo fuoco improvvisato tra gli olivi. Ripete gli antichi gesti codificati dai nativi nei millenni. Ma il suo sguardo è torvo, la sua espressione infida. Non possiede grazia né naturalezza e tutta la scena risulta indigeribile, sbagliata, falsa.

Grottesca come la cornacchia vestita con piume di pavone. Lo psicodramma di chi si proclami Eletto ma che ha compreso che di farsa si trattava. Un eletto non è un assassino. E non è un ladro.

Una corsa ad ostacoli, la sua, tra superomismo e vigliaccheria. A Gaza, in Cisgiordania, ma anche ad Amsterdam, in Tailandia e dovunque metta piede. Una vera e propria piaga ormai mondialmente riconosciuta.

La sedazione profonda di Oslo ha generato mostruosità, mentre le colonie si espandono a vista d'occhio, inglobando ciò che resta di un territorio ridotto a colabrodo.

Non c'è più difesa. Non più armi per difendere ciò che si ama e che viene sottratto, ramo dopo ramo, centimetro dopo centimetro, vita dopo vita.

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