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03 novembre 2025
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Siria: donne alawite rapite, famiglie non trovano ascolto
di Joanna Juliani

Il Comitato per la Famiglia e la Società del Blocco Nazionale Siriano ha fermamente respinto la dichiarazione del Ministero dell'Interno del governo di Damasco sul caso delle donne rapite nella regione costiera siriana, definendola priva di indipendenza e trasparenza.

Decine di donne della comunità alawita nelle province costiere della Siria, in particolare a Latakia, Tartous, Hama e Homs, sarebbero state rapite in pieno giorno o scomparse in circostanze misteriose. Le famiglie affermano che molte sono scomparse mentre si recavano al lavoro, o semplicemente si spostavano nelle loro città, e il numero di questi casi è in aumento.

Le famiglie delle vittime locali hanno accusato le autorità ufficiali di aver ampiamente ignorato le segnalazioni, rifiutandosi di avviare indagini credibili e attribuendo invece le sparizioni a casi di fuga o litigi familiari. Questa negazione ha alimentato un senso di paura e silenzio tra le donne della regione, che sempre più spesso evitano di viaggiare o di uscire dopo il tramonto.

Il Comitato del Blocco Nazionale Siriano ha condannato l'organismo investigativo che si occupa dei casi di donne e ragazze rapite nella regione costiera, affermando che non possiede le qualità fondamentali dei comitati indipendenti, tra cui indipendenza, trasparenza, obiettività e competenza. "Non siamo rimasti sorpresi dai risultati, che hanno smentito la maggior parte dei rapimenti segnalati", ha aggiunto.

Ha sottolineato che le disposizioni della dichiarazione "confermano la continuazione di una politica di giustificazione e occultamento di crimini classificati dal diritto internazionale come crimini di guerra e crimini contro l'umanità, in conformità con le convenzioni che la Siria ha firmato e ratificato dal 1968".

Il comitato ha ricordato che la condotta del governo manca di credibilità e trasparenza, sottolineando che la questione non può essere soggetta a interpretazioni locali e che i responsabili di questi crimini sono sotto processo legale internazionale e non sfuggiranno alla responsabilità solo perché il Ministro dell'Interno, considerato "terrorista" dalle Nazioni Unite, ha rilasciato una dichiarazione in cui negava il verificarsi dei crimini.

Ha sottolineato che "quanto pubblicato dal Ministero solleva reali preoccupazioni circa un ritorno al vecchio approccio precedentemente utilizzato dalle autorità nella gestione di casi simili, in cui venivano istituite commissioni d'inchiesta per massacri e violazioni documentate, e i loro rapporti finivano per insabbiare i responsabili invece di rendere giustizia alle vittime, in palese violazione dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario e degli standard legali e umanitari".

Inoltre, il comitato del Blocco nazionale siriano ha chiesto la formazione di un comitato investigativo indipendente composto da individui dotati di integrità e competenza, che operi sotto la supervisione di organismi internazionali e per i diritti umani, per garantire che venga scoperta la verità sulla sorte delle donne rapite e per chiamare a rispondere chiunque sia coinvolto nei rapimenti o nella loro copertura, indipendentemente dal responsabile.

Ha esortato le organizzazioni internazionali impegnate nella tutela dei diritti umani e della giustizia di transizione, nonché gli organi competenti delle Nazioni Unite, a seguire questo caso con serietà e responsabilità, esercitando la pressione necessaria per garantire la protezione delle vittime e delle loro famiglie e per impedire che questa questione umanitaria venga trasformata in uno strumento di contrattazione politica o mediatica.

Concludendo la sua dichiarazione, il comitato ha sottolineato che "il Blocco Nazionale Siriano, sulla base del suo impegno per i valori della giustizia e della dignità umana, afferma che il diritto di conoscere la verità è un diritto fondamentale che non decade e che la vera giustizia non può essere raggiunta in assenza di trasparenza e quando le voci delle vittime e delle loro famiglie vengono messe a tacere".

Amnesty International sostiene che questi rapimenti potrebbero costituire una sistematica violenza di genere o persino crimini di guerra, soprattutto data l'assenza di trasparenza e di responsabilità da parte delle autorità, e chiede una supervisione internazionale e indagini indipendenti per evitare che la situazione venga occultata dietro interpretazioni locali o insabbiamenti politici.

Finché non verrà a galla la verità e i responsabili non saranno chiamati a rispondere delle loro azioni, molte famiglie delle donne rapite continueranno ad aspettare senza alcuna chiarezza ufficiale sulla sorte o sul destino dei loro cari, evidenziando il profondo costo umano della crisi.

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