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31 ottobre 2025
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Astensionismo naturale conclusione del progetto occidentale
di Andrea Battantier *

(L'astensionista non è un ribelle, è un consumatore deluso. Preferisce la tranquilla disperazione del suo divano all'ansia da prestazione civica in un contesto di deliberata riduzione delle scelte a un duopolio farlocco)

L’astensionismo è un problema? Ma è la soluzione! Finalmente le masse hanno capito. Votare è come scegliere il sapore della carta igienica: fragranza "Destra" o "Sinistra"? Alla fine la merda è sempre quella. E tu devi pure pulirti con la loro faccia stampata sopra.

La politica è sempre più un social media: non servono fatti, servono like. E i like, come le bombe, sono cose che accadono lontano, a persone che non conosci.

Più aumentano i follower (non si sa quanto autentici), più diminuiscono gli elettori veri. Un follower è un consumatore passivo, un elettore dovrebbe essere un cittadino attivo. Hanno scambiato l’agorà con l’algoritmo.

In Italia, un tempo, votava oltre il 90% dei cittadini. Forse, un tempo gli italiani erano dei terribili ottimisti, o forse solo dei gran creduloni. È la naturale conclusione del progetto occidentale. L'astensionista non è un ribelle, è un consumatore deluso. Preferisce la tranquilla disperazione del suo divano all'ansia da prestazione civica.

Hanno introdotto il maggioritario con il referendum Segni nel '93, promettendo stabilità. Sai cos'altro è stabile? Un cimitero. Hanno creato un bipolarismo da talk-show, dove la finta rissa sostituisce il programma. E meno gente vota, meno gente devi convincere.

Se voti, porgi legittimità a un sistema marcio; se non voti, lasci il potere a chi quel sistema lo gestisce per i propri affari. Qualsiasi cosa tu faccia, ti dicono che hai sbagliato. L'ossessione nazionale è sempre stata il sesso. Ora è l'impotenza. L'impotenza politica. È un'impotenza frutto della sovrastimolazione. Troppe voci, troppe promesse, troppi scandali. Alla fine, l'unico atto di sovranità possibile è…non farlo. È il complesso d'inferiorità di un intero corpo sociale. Ci si sente impotenti, non all'altezza di influenzare gli eventi. La rinuncia al voto è una ritirata per proteggere un sé già fragile dall'ulteriore umiliazione di un risultato che lo smentirà ancora.

Gli attori politici recitano furore e passione, sussurrandosi poi dietro le quinte: "A cena, alle otto?".

Vai lì, nel seggio, ed hai la matita in mano, che trema. E guardi quei nomi. "Turarsi il naso?" Ma io mi voglio tappare gli occhi, le orecchie e forse pure il culo, perché so che me lo prenderanno comunque!

Questo non è disimpegno. È la logica conseguenza della società malata. I legami si dissolvono, compreso quello tra cittadino e Stato. Il contratto sociale è marcescente. L'astensionista non rifiuta la politica; è la politica, divenuta spettacolo effimero, a rifiutare lui, la sua vita concreta, le sue paure tangibili e motivate.

È un'astensione fabbricata. I sistemi maggioritari, il controllo dei media, la deliberata riduzione delle scelte a un duopolio farlocco: sono tutti strumenti per produrre apatia. Un cittadino disilluso e passivo è il soggetto ideale per il potere delle élite. Non è una rinuncia; è una resa forzata.

Ricordo, da ragazzo, la speranza, testarda, di costruire qualcosa di pulito. Ora la fiducia stenta ad alzarsi, non si ha più la forza di ricostruire. La politica è morta perché è diventata una cosa da comprare, vendere, manipolare. Non è più un'idea, un sentimento, un'utopia. E quando una cosa si rompe, la butti via. Non voti per una cosa rotta.

La gente è stanca e disillusa. Uno scandalo dura un giorno. Abbiamo imparato a vivere senza. Senza calore, senza certezze, senza futuro. Ora impariamo a vivere senza voto. È un'abilità in più, come saper digiunare o sopportare il freddo. Non è una scelta. È una sopravvivenza.

L’astensionista si sveglia. La domenica. Fuori piove. Potrebbe andare a votare. Ma guarda sua moglie, che dorme. Pensa al lavoro di lunedì. Alla macchina da pagare. A tutto quello che non funziona. Prende il caffè. Accende la TV. Non voterà. Non è una decisione. È quello che è successo.

Un sistema che esclude progressivamente i cittadini dal processo decisionale è un sistema malato. L'astensionismo è un dato logico, un segnale d'allarme.

Ignorarlo in nome di un dovere civico astratto è irrazionale. Bisogna ascoltare il messaggio e riformare radicalmente le istituzioni della democrazia rappresentativa, prima che essa si svuoti completamente di significato. Troppo tardi?

* Psicologo, Componente del Comitato Tecnico-giuridico dell'Osservatorio


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