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29 ottobre 2025
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Finti malati, veri fannulloni
di Raffaele Florio

Ci voleva l’ennesima cronaca da Firenze per ricordarci, con la delicatezza di una martellata sui denti, in che stato è ridotto il nostro sistema sanitario: dieci medici specializzandi che, secondo i NAS, avrebbero riempito le liste d’attesa di finti pazienti per non lavorare. Finti malati, veri fannulloni. E veri malati, lasciati ad attendere per mesi un’operazione, una visita, una diagnosi.

Si chiamano specializzandi, ma in questa storia sembrano piuttosto specializzati nell’arte della truffa a fin di comodo. Non quella con i milioni di euro, ma quella più infame: rubare tempo e salute a chi sta male. Il tutto in un Paese dove le liste d’attesa sono già una forma di eutanasia amministrativa, dove un referto arriva dopo la scadenza della vita, e dove il cittadino deve scegliere se morire gratis o vivere a pagamento.

A leggere le carte, il metodo era degno di un romanzo burocratico di Kafka scritto da Totò: nomi inventati, prenotazioni fittizie, agende intasate per evitare di ricevere i pazienti veri. Così, mentre il sistema collassava, loro si garantivano turni leggeri e weekend sereni. Altro che vocazione medica: qui siamo davanti a una caricatura del giuramento di Ippocrate. Hanno giurato, sì, ma probabilmente davanti al dio dell’assenteismo.

Eppure, non illudiamoci che si tratti di dieci mele marce isolate. L’albero è malato da anni. È la foresta della sanità pubblica ad avere radici marce: dirigenti che fanno finta di non vedere, controlli che non controllano, sindacati che proteggono tutto tranne i pazienti. E ministri che si limitano a promettere riforme mentre intanto i pronto soccorso esplodono e i medici bravi scappano all’estero.

A Careggi — uno dei migliori ospedali d’Italia, almeno sulla carta intestata — i carabinieri hanno contato 290 prenotazioni bloccate. Duecentonovanta persone che avrebbero potuto curarsi, e invece sono finite nel limbo digitale della finta burocrazia. Duecentonovanta cittadini traditi, non dallo Stato in astratto, ma da chi ogni giorno indossa un camice per dovere, non per privilegio.

E allora la domanda è una sola: chi controlla i controllori? Chi verifica che le liste d’attesa siano reali, che i turni vengano fatti, che l’etica professionale non sia un allegato facoltativo al contratto? Perché se davvero bastano dieci furbetti per sabotare un intero reparto, allora il problema non sono loro, ma un sistema che li rende possibili.

Il paradosso finale è che gli stessi medici che si fingevano oberati dal lavoro ora rischiano di lavorare davvero: con la Procura. Ma non servirà a nulla se, passata l’indignazione di tre giorni, torneremo al solito copione: l’indagine si sgonfia, le carte si archivia­no, e tutti pronti a scandalizzarsi per la prossima volta.

Nel frattempo, gli unici a restare in lista d’attesa — per un po’ di giustizia — saranno sempre gli italiani onesti.


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