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21 ottobre 2025
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Patrioti e vendipatria
di Lenny Bottai

In questi giorni un movimento che si fa chiamare dei "patrioti italiani" sta imperversando in rete e in alcune strade con la sua chiara matrice nostalgica, e parte della sua contestazione stimola una discussione necessaria poco affrontata a sinistra, sulla questione patria e bandiera.

Inizierò dicendo che sono cresciuto nella stessa idea avversa, ma nel corso della mia vita, avvicinandomi anche all'importante periodo del risorgimento della mia città (Livorno è medaglia d'oro al valore per la resistenza agli austriaci), intimamente legato e connesso poi al '900 che ha generato poi tutta la resistenza al ventennio, mi sono dovuto ricredere di molte convinzioni di gioventù, assimilate per osmosi, per le evidenti contraddizioni che portano con sé.

Partiamo dal presupposto che sicuramente poi il paese non è diventato ciò che le Brigate Garibaldi (nome non scelto a caso) avrebbero voluto, così come non è poi diventato ciò che molti garibaldini nel risorgimento avrebbero voluto, questo è un dato di fatto ma è questione a sé stante. Ma la destra ha occupato una bandiera ed un inno che hanno sempre rifiutato, storicamente, e che è assai distante dalla storia politica che rappresentano.

Il fatto che si canti ad un patriota che sventola il tricolore, nato da una Repubblica nata sull'antifascismo, "bella ciao", dove si ripete chiaramente che una mattina si è "trovato l'invasor", indica un buco culturale che fa scopa col fatto che - come dice anche Barbero - in molte zone d'Italia oggi nere e votate al cosiddetto nazionalismo, durante le guerre di indipendenza (perché il risorgimento fu anche e soprattutto questo) il tricolore non lo volevano neppure vedere e sarebbero stati con i tedeschi (altra similitudine).

La riflessione si è intensificata in Venezuela, quando davanti al giuramento di Maduro (vi sono molte similitudini a mio avviso con il loro movimento dei libertadores) alcuni compagni locali mi hanno chiesto: "ma voi non avete la bandiera di Garibaldi?". Eh si, perché c'erano le varie comunità, dagli iraniani ai russi, fino ai baschi, rigorosamente con la bandiera basca; e così via tutte le altre a sostegno del socialismo venezuelano, ma noi italiani niente.

Ecco, oggi occorre questa riflessione, Pietro Secchia entrò in parlamento dopo la morte di Ilio Barontini, noto internazionalista della mia città ed in un discorso accorato ripeteva appunto le gesta di Ilio, garibaldino, internazionalista che ha combattuto nel mondo, dalla Spagna alla Francia, in Abissinia addirittura contro l'invasione italiana, ed in parallelo con il risorgimento e lotta nazionale di liberazione, scriveva che Garibaldi era tornato nei patrioti Ilio, Otello e Leonardo (altri due dirigenti del PCI morti con lui).

Non si domandavano dei limiti evidenti che avevano segnato la fine di quel periodo storico su cui in questo caso è inutile soffermarsi (nello studio del fenomeno invece no, tutt'altro), ma lo dovremmo egemonizzare.

Oggi noi abbiamo delegato tutto a chi questa storia non può dire sua, la paternità di una bandiera e di un inno (bello o brutto ognuno ha i suoi gusti) che non può rappresentarli dal momento che durante il fascismo ve ne erano altri ("Il Canto degli Italiani" prima e "giovinezza" poi, se non erro).

Dentro questo fraintendimento gigante tutti siamo finiti, anche in considerazione del fatto che per molti essere patrioti e parlare di bandiera e nazione significa avercela con gli stranieri e stimolare posizioni di stupidità, di nazionalismo da tifo da stadio e non di prospettiva di vita comune, di stato sociale, ma questo è frutto di un'idea di nazione che nei paesi socialisti non c'è.

Quindi non è né la bandiera né il concetto in sé di inno e patria a trasformare in negativo il tutto, ma l'approccio che abbiamo. E questo rifiuto comunica male verso il popolo che non mastica ma osserva le contrapposizioni politiche.

A sinistra su questo concetto andrebbe fatto - con le pinze, perché molto delicato - un repulisti di luoghi comuni, ma soprattutto un'azione di ripristino della storia di un paese che se non ha mai fatto il socialismo con la sua unità, vero, ma di certo non lo avrebbe mai fatto diviso in regni divisi.

La bandiera tricolore con la stella rossa al centro era simbolo di chi è morto per liberare il paese dai nazisti e dai vendipatria fascisti - anche se internazionalisti non cambia niente, anzi rafforza l'idea, e nel rispetto di questa gente - io credo qualcosa dovrebbe iniziare a cambiare. Senza ovviamente svarioni di sorta (perché c'è pure chi ne fa).

Ma i patrioti guidati dai borghesi, non possono volere il bene della patria, tutta, del popolo, ma semmai quello di chi li legittima e finanzia.

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