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Amira Hass sulla Cisgiordania: ribadire che gli insediamenti sono illegali
di Paolo Mossetti
Vale la pena leggere cosa dice la giornalista israeliana Amira Hass sull’assenza di una nuova intifada in Cisgiordania dopo il 7 ottobre.
Questa non deriva - spiega - dalla mancanza di rabbia, ma dalla disillusione e dalla paura.
La West Bank è frammentata dagli Accordi di Oslo, che hanno creato enclave isolate e una «autorità cuscinetto» (l’Anp) più interessata alla propria sopravvivenza che alla resistenza.
La repressione israeliana è brutale, le autorità civili compromesse con Tel Aviv impediscono qualsiasi disobbedienza, e Hamas cresce in popolarità.
Intanto i coloni - contro i quali l'Europa non ha fatto nulla - conducono una guerra su più fronti: violenze, confische, espulsioni e blocchi economici. Un'annessione di fatto.
Hass conclude con un discorso che per molti anni in Italia è stato espulso dai media progressisti e dalla bolla dell'opinionismo integrato:
«Dobbiamo fare pressione su quei Paesi e su quei primi ministri affinché impongano sanzioni a Israele... come primo passo verso lo smantellamento graduale degli insediamenti. Dobbiamo riportare nel nostro discorso l’assioma che tutti gli insediamenti sono illegali. Dobbiamo respingere l’idea che “siano irreversibili”, perché accettarla significa legittimare e sostenere la spoliazione quotidiana e continua dei palestinesi».
«Quando riprenderà il processo negoziale - dice la giornalista - lo Stato palestinese potrebbe accettare che ebrei restino entro i suoi confini, ma a una condizione: che gli ex insediamenti siano aperti a tutti, non solo agli ebrei; che i proprietari terrieri (incluse le comunità locali, la cui terra è considerata pubblica e non privata) siano risarciti per le terre rubate; che i coloni violenti vengano espulsi; e che lo Stato di Israele garantisca che gli altri non costituiscano una quinta colonna. Il riconoscimento [della Palestina], senza sanzioni immediate e coraggiose contro Israele, resta solo un esercizio di facciata».
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