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Anche la legge italiana solo fino a un certo punto
di Elisa Fontana
Breve storia di come il nostro umanissimo governo e il nostro fantasmagorico ministro degli esteri intendano l’applicazione di leggi e convenzioni: pura carta straccia.
Le nostre università sono aperte agli studenti palestinesi che, con particolari convenzioni, possono venire in Italia per studiare o portare avanti progetti di ricerca grazie a delle borse di studio.
Tutto semplice, no? Senonchè quando gli studenti palestinesi che hanno famiglia si mettono in contatto con il consolato generale d’Italia a Gerusalemme si sentono dire che sono regolarmente sulla lista della prossima evacuazione per l’Italia, ma si sentono dire anche che i loro figli non possono seguirli: “parte senza il figlio o rinuncia?”.
Cioè, o rinunci a studiare o devi lasciare tuo figlio sotto le bombe che fino a ieri rallegravano il cielo di Gaza e che oggi è, comunque la si voglia guardare, ancora un territorio di guerra.
La scrittrice e attivista per i diritti umani Widad Tamimi sabato scorso ha scritto una lettera aperta al nostro fenomenale ministro degli esteri in cui gli ricorda che il nostro Testo Unico sull’immigrazione, la Direttiva UE 2016/801, la CEDU e la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo prevedono tutti concordemente che i familiari degli studenti con visto di studio devono poter entrare al seguito.
Dunque, è già tutto previsto e normato da leggi nazionali e sovranazionali, ma il Consolato, ovviamente su disposizioni del governo, mette gli studenti davanti a quello che è un ricatto morale bello e buono: se vuoi partire lascia i figli a Gaza e poi in un secondo tempo vedremo di far arrivare anche loro. In un secondo tempo, unità di misura da zero all’infinito.
Domenica scorsa anche Liliana Segre, letta la lettera aperta di Tamimi, si è rivolta a Tajani chiedendogli di fare qualcosa e intervenire. Che poi il qualcosa si ridurrebbe esclusivamente ad applicare la legge. Ma pare che sia fatica improba, perché al momento tutto tace e nessuno ha avuto risposta alle proprie lettere o ai propri appelli.
Anzi, la Conferenza dei rettori ha mandato una mail a tutti i ricercatori chiedendo in sostanza di non parlare del caso perché “si tratta di un’operazione ancora in corso che ha necessitato dell’intervento cruciale di soggetti istituzionali”, cioè della ministra dell’università Anna Maria Bernini e di Tajani. Linguaggio che sembra più adatto ad una spy story con 007 che alla applicazione di una legge.
Quali loschi segreti e quali nefandi piani hanno in mente questi ricercatori palestinesi che all’ombra di una borsa di studio vinta vorrebbero non solo sbarcare in Italia, ma portarsi pure i figli al seguito? Al sagace Tajani non la si fa, che si sappia in tutto l’orbe terracqueo! Ma almeno ci faccia sapere perché, così potremo unirci al giubilo comune per lo scampato pericolo e smentire l’impressione che ci si stia proprio divertendo con le famiglie degli altri.
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