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13 ottobre 2025
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Sicilia: inviare eserciti ma di insegnanti
di Elisa Fontana

Qualche giorno fa a Palermo è stato ammazzato l’ennesimo ragazzo incolpevole, vittima di quella che sbrigativamente viene chiamata mala movida ma che è in realtà una scia di sangue che di mese in mese si allunga mietendo vittime innocenti e quasi sempre del tutto casuali.

La liturgia susseguente è sempre la stessa, cordoglio, rabbia, fiaccolate, discorsi e poi si volta pagina in attesa del prossimo morto.

Oggi fanno scandalo le immagini del presunto killer del ragazzo ucciso sabato scorso che, aspettando i Carabinieri che ormai lo avevano individuato, gira un video da “uomo di panza”, da mafioso che schifa le forze dell’ordine e inneggia alla mafia.

Lo fa in una inconsapevole e tragica parodia dei film di mafia, dei racconti della grandeur dei Casamonica, di tutto quell’universo a rovescio che guida e soccorre una famiglia che ha più esponenti dentro il carcere che collane d’oro al collo, una famiglia ben addentro ai fatti criminali dello Zen.

Che solo a nominarlo lo Zen a Palermo sembra una condanna a morte, un pezzo di extra territorialità, uno Stato nello Stato, la rivincita dei cattivi sui buoni. Letture affrettate, ovviamente e spesso consolatorie, perché non tutto è Zen.

E allora allarghiamolo questo sguardo, usciamo dallo Zen, andiamo oltre e dimostriamolo che lo Zen “è solo un bubbone su un corpo sano” (e mi perdoni Benedetto Croce per la citazione), che fuori da queste riserve indiane tutto sbrilluccica di luce di civiltà.

Ma sarà un tentativo vano, perché ben poco sbrilluccica, a partire dalle cose più piccole, tipo il massimo menefreghismo che ci porta a scambiare i lati delle strade, di qualsiasi strada, per discariche a cielo aperto dei nostri divani sfondati e delle nostre lavatrici rotte, fino al soffocamento totale di ogni legalità in ogni piccolo e grande atto.

Dal parcheggiatore abusivo che se non paghi ti spacca il parabrezza all’allegro sciorinamento ai quattro venti del pubblico denaro in mance, appalti opachi, licenze edilizie dubbie, regalie ingiustificate, sistemazione di figli, parenti e amanti, mentre un fibroma si trasforma in un carcinoma con metastasi in tutto il corpo perché per consegnarti l’esame istologico ci hanno impiegato 8 mesi. E tu muori a 38 anni anche se non abitavi allo Zen, ma nella civilissima Trapani.

E potrei continuare per ore in questo elenco di orribile quotidianità che avviene al di fuori di tutti gli Zen, in città e paesi ormai preda della sindrome del Far West in cui ognuno fa quel che vuole, senza regole se non le sue, in un tripudio di ricorso alla violenza per dirimere qualunque controversia, sottolineato magari dal roteare di qualche arma.

Perché ormai è più facile trovare un’arma che arance sugli alberi.

E, naturalmente, quando accadono fatti gravi la prima ricetta che si sente gridare a grande richiesta è quella forcaiola e sbrigativa della repressione “ci vuole l’esercito!”.

Vorrei ricordare agli smemorati che l’esercito in Sicilia nelle strade lo abbiamo già avuto e, com’era prevedibilissimo, non è servito a niente. Adesso che il malaffare e l’illegalità tracimano da ogni dove, adesso le soluzioni possono essere solo di lunga durata, perché le bacchette magiche esistono solo nei libri per bambini.

Non abbiamo bisogno di bersagli facili come gli Zen per far finta di interessarci al problema, non abbiamo bisogno di eserciti e militari nelle strade, abbiamo bisogno di eserciti di maestri e professori restituiti al loro originario compito e liberati dalla montagna di idiota e colpevole burocrazia rovinatagli addosso.

Oh, certo, non sarà un percorso spendibile elettoralmente a breve, non porterà i frutti populisti di un bel rastrellamento di qualche Zen, ma è l’unica strada percorribile per riappropriarsi di un concetto minimo di civiltà e legalità.

E per questo non se ne farà mai nulla, aspettando il prossimo morto innocente, il prossimo parabrezza spaccato, il prossimo esame istologico dopo 8 mesi e invocando nel frattempo l’esercito, così facciamo contenti tutti i forcaioli che votano allegri e con la coscienza leggera.

E no, questa non è una invettiva contro la Sicilia, è un atto d’amore di chi vorrebbe che questa meravigliosa terra non venisse ricordata solo per il mare e il sole, perché c’è ben altro sotto la montagna di merda mafiosa e paramafiosa che la soffoca.

Interessa a qualcuno?


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