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Tregua non è pace
di Rossella Ahmad
Una considerazione che è banale ma non troppo: la tregua NON è un processo di pace.
Essa attiene a decisioni di tipo umanitario, non politico. La fine della guerra, il ritiro delle truppe sioniste, la liberazione dei territori occupati e il ritorno dei profughi, questo é un fatto politico. Almeno secondo Hamas, i gruppi della Resistenza, il popolo palestinese e noi che che ci sbattiamo da anni per vedere realizzato un minimo di giustizia.
Per i parvenu della questione palestinese, questa cosa ibrida invece è la pace.
Non mi capacito del fatto che tanta gente apparentemente anti-sistema sia in realtà pienamente inserita nelle dinamiche di quel Sistema che sosteneva di voler combattere. Non aver effettuato il salto quantico nella comprensione di quali strategie esso utilizzi per confondere e generare caos è molto grave, nel momento in cui le carte si sono presentate tutte sul tavolo, estremamente visibili.
Gli stati uniti e Trump sono IL Sistema. Essersi augurati che un plutocrate appartenente alla casta degli oligarchi che hanno trasformato il mondo nel loro personale dominio - primo servitore in pectore del sionismo globale - vincesse il premio Nobel per la pace - e per cosa poi - è davvero da pensiero critico allo stato larvale, non so come spiegare.
Il piano di pace, sì.
Gli uomini del Sistema sanno bene di cosa si tratti. Un accordo capestro, confezionato in fretta e furia per arginare la pressione popolare, che cominciava a divenire insidiosa per la tenuta dei governi e quindi del Sistema, una copertina corta e stretta che si presta ad essere tirata da ogni lato. La Resistenza consegni le armi, si restituiscano gli ostaggi israeliani in cambio di quelli palestinesi e poi boh.
Siamo in un grande circo popolato unicamente da buffoni, sappiatelo.
E A Sharm al-Sheikh è andata in onda l'anteprima di uno spettacolo di cabaret, di infimo ordine.
Secondo costoro i sacrifici del popolo palestinese sarebbero stati invano.
La privazione. Il dolore. Il piombo fuso sui corpi dei loro figli. La distruzione della loro terra. Tutto per ritornare al punto di partenza, allo zoo ante-2023, solo un po' più piccolo.
Ragionano dei palestinesi guardandosi allo specchio. E non sanno che le privazioni, il dolore e le distruzioni hanno scavato profondamente nel diamante puro, ricavandone un nucleo indistruttibile.
Eccerto che i palestinesi hanno festeggiato. Resistere a due anni di bombe ininterrotte sulla testa è da titani, da giganti dello spirito. Avere resistito significa avere inflitto una sonora sconfitta a Israele ed al suo secolare tentativo di liberarsi della popolazione palestinese. La fuga in massa da un inferno appositamente creato non c'è stata.
I palestinesi sono rimasti saldi e fermi nella loro terra. La riviera che sognano questi psicopatici richiederà altri due milioni di morti ammazzati e causerà l'implosione dello stato genocida, sotto la spinta di un movimento globale di opposizione oramai innescato e dalla constatazione del plateale fallimento del progetto sionista.
Non sono i palestinesi ad essere in un vicolo cieco. Loro sono politica. È il sionismo ad essersi infilato in un tunnel da cui non riuscirà ad uscire se non con maggiore violenza e crudeltà, il che ne decreterà la fine ingloriosa.
Comunque vada, non sopravviverà al genocidio.
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