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Benaltrismo
di Rossella Ahmad
"benaltrismo
/be·nal·trì·ṣmo/
sostantivo maschile
Nel linguaggio giornalistico, l'atteggiamento di chi elude un problema sostenendo che ce ne sono altri, più gravi, da affrontare."
Ed è l'atteggiamento che ha maggiormente penalizzato la Palestina nei lunghi anni di indifferenza precedenti il 7 ottobre. C'era sempre qualcosa di più urgente e di più impellente rispetto all'epopea di un popolo che non faceva più notizia e che stava lentamente scomparendo nell'oblio.
Ne parlai con una mia amicizia all'inizio della guerra in Ucraina. Gli chiesi del perché ad esempio non avesse mai neanche accennato ai massacri a Gaza ed alla pulizia etnica di Sheikh Jarrah del 2021 mentre era fortemente coinvolto ed infervorato rispetto all'Ucraina. Supponevo che fosse il lavoro ben condotto dei propagandisti, che decidevano e decidono verso cosa indirizzare la pietas selettiva dell'utente. Era invece il benaltrismo, ho scoperto con ilarità, nel nome del quale non giungeva mai il momento della Palestina.
Vorrei, ma c'è il Tibet. Mi piacerebbe, ma c''è la foca monaca. Lo farò, ma intanto c'è la questione dei nani da giardino. Sempre il momento di qualcos'altro, ed intanto gli anni in Palestina si trascinavano tra un massacro e l'altro.
Settantasei, per la precisione.
Poi è accaduta una cosa stra-ordinaria, cioè completamente inaspettata.
Il monopolio dell'informazione è colato a picco con la condivisione rapida, orizzontale e democratica dei video e delle notizie e, con esso, qualsiasi residua credibilità della stampa mainstream, impegnata nella falsificazione sistematica di ciò che stava avvenendo, e che la gente vedeva.
Ringrazio Dio per gli studenti e per i giovani, disse in tempi lontani il grande intellettuale palestinese Edward Said.
La normalizzazione dell'orrore, la sua banalizzazione , necessaria più che mai nel momento in cui la propaganda del Sistema viene messa in discussione, passa anche e soprattutto dal benaltrismo e da quanti indici siano disposti a diffondere attraverso i social la derubricazione a norma di ciò che accade in Palestina.
Accade dovunque. Ci sono dozzine di guerre sul pianeta.
La foca monaca ed il Tibet. I nani da giardino e l'orango del borneo. Il Burkina Faso.
Perché Gaza?
Te lo dico io, perché.
Perché non è vero affatto.
Perché non esiste in nessun altro luogo una guerra che non è una guerra, ma un genocidio in diretta. Ostentato, sfacciato ed esibito con perfidia.
In cui una parte sia una potenza nucleare, sostenuta e armata da sette paesi colonialisti, e l'altra una popolazione disarmata, di profughi, senza alcun sostegno se non quello della propria, limitata nei mezzi ma eroica nelle azioni nonché legittima, Resistenza.
In cui siano stati trucidati tanti bambini - dobbiamo tornare ad Erode , probabilmente - e commessi atti di crudeltà più efferati.
In cui esista una sproporzione più marcata nel merito e nel metodo, nonché nelle ragioni.
In cui sia così palese, visibile, dolorosa, annichilente, l'ingiustizia di fondo che informa quella storia dall'inizio alla fine. Una storia di colonialismo, sostanzialmente.
In cui ciò che avviene sia più legato al destino di tutta l'umanità..
Dimmi, fenomeno, dove tu abbia visto ciò che accade in Palestina se non in Palestina. Sono tutta orecchi. Racconta. E mostrami soprattutto dove tu, nel corso della tua vita, abbia fatto riferimento ad uno qualsiasi dei "tanti focolai di guerra del pianeta". Suppongo che il benaltrismo tuo e dei tuoi pari sia solo un mezzo per fottersene allegramente di tutto, Palestina compresa.
"Non chiedetemi dove andremo a finire perché già ci siamo".
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