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Negazionismo
di Andrea Battantier *
Il negazionismo ridefinisce la lingua. Non è più genocidio, è "urbanistica applicata con mezzi cinetici". Non è fame, è "dieta involontaria a base di munizioni". Non è pulizia etnica, è "emigrazione volontaria sotto l'aliante di un F-35".
Il negazionismo permette di dire tutto e il contrario di tutto, purché sia il contrario di tutto.
Vedi un ministro che mostra mappe di un futuro parco giochi sulle macerie di un campo profughi, mentre in un altro un giornalista serio, molto serio, con la faccia da funerale, spiega che quelle mappe non esistono, e se anche esistessero, non sarebbero mappe, e se lo fossero, non sarebbero quello che sembrano. E tutti sono molto, molto seri.
Il negazionismo contempla che per parlare di genocidio occorra un documento. Un documento! Preferibilmente intestato "Piano per il Genocidio", firmato in calce e autenticato da un notaio. Senza di esso, care signore e egregi signori, potete pure affogare nel vostro sangue, ma si tratterà solo di un inconveniente, un danno collaterale, un evento meteorologico, di una "pioggia rossa" fuori stagione.
Il ministro Smotrich, in verità, sembra aver redatto diversi di questi documenti, ma a quanto pare li ha inviati per errore ai giornali invece che all'archivio segreto. Uno smacco per l'accuratezza burocratica israeliana.
Il negazionismo ha una regola. La regola è che se un ministro dice di voler fare il boia e di voler far morire di fame due milioni di persone, non sta pianificando un genocidio. Sta solo esprimendo un desiderio poetico. Un haiku della morte.
Se un soldato però obbedisse a quel desiderio poetico, commetterebbe un crimine di guerra. Ma il ministro no. Il ministro ha l'immunità poetica.
Nel negazionismo puoi ordinare il massacro solo se lo chiami con un altro nome. "Ristrutturazione demografica", va benone. "Genocidio" no, quello è antisemita.
Ho visto le immagini. La spiaggia, una coperta di sabbia e poltiglia, infinita. La vita umana, lì, aveva smesso di avere quel valore sentimentale, da romanzo strappalacrime. Si era trasformata in valore speculativo. Puro e semplice. Quanto può valere un ettaro di sabbia a Gaza, una volta che gli sia stato…liberato del suo ingombro? Dei suoi abitanti? Il Ministro laggiù, chissà dove, in un ufficio con l’aria condizionata, sta già negoziando le percentuali.
Il negazionismo è la poesia dei calcoli finanziari applicati alla carne macinata. È a quello che siamo ridotti. A fare le divisioni sulla carne dei vivi e dei morti.
Penso ad Enrico Mentana che, come un novello San Tommaso, dice: "Se non vedo il documento del genocidio, non ci credo".
E Smotrich, dall'altra parte, gli sventola sotto il naso il documento, la mappa, il progetto e pure il preventivo dei lavori.
E lui: "No, vabbè, ma quello non è un documento, è una metafora". È come se un omicida confessasse in diretta TV e il giornalista commentasse:
"Interessante punto di vista. Ma è un'iperbole, una provocazione intellettuale".
La verità è che il negazionismo è l'ultimo genere comico di successo. Fa audience.
Un popolo scompare, si vede poco per effetto ipnotico dei media. Il male si insinua tra le pieghe del linguaggio e nega se stesso mentre accade.
Ogni negazionismo che si rispetti, ha la sua fabbrica del consenso. I media, allineati al potere, sistematicamente filtrano, omettono e distorcono i fatti per creare una narrativa accettabile per lo stato imperialista, demonizzando le vittime e santificando i carnefici.
In questo conflitto tra il reale e il verbale, il verbale sta vincendo, rendendo la realtà stessa un'opinione. È il trionfo kafkiano dell'Assurdo.
Hanno preso la lingua e l'hanno uccisa. L'hanno svuotata. "Casa" significa maceria. "Pace" significa guerra. "Emigrazione volontaria" significa fuga sotto le bombe. Quando le parole perdono il loro significato, le persone perdono la loro vita.
E non c'è cosa più terribile, di una parola che tradisce il silenzio nel sangue, il boia diventa geometra, e il testimone un contabile di morti.
Il negazionismo nega il genocidio. La statistica conta i corpi. La politica conta le scuse.
Il negazionismo esibisce una volontà patologica e sopraffina, non si accontenta di distruggere i corpi, ma deve umiliare la verità stessa, costringendo il mondo a guardare il massacro e a negare che stia guardando. È la ricerca della superiorità più assoluta: quella sulla realtà fattuale.
Il negazionismo prende a schiaffi la logica. L'evidenza empirica dei fatti viene sostituita da un sofisma di comodo. È l'irrazionalità del potere che, come sempre nella storia, si maschera da ragionevolezza per commettere le sue atrocità. E così dobbiamo spiegare ai nostri figli che il male arriva col vestito elegante e un microfono, e dice di farlo per noi, per la nostra sicurezza.
Proviamo a vedere senza alcun filtro, senza la paura del giudizio o l'adesione a una "tribù", ciò che è. Guardate Gaza. Guardatela senza il nome "Gaza", senza le bandiere, senza la storia. C'è della sofferenza umana? Sì. Questo è un fatto. Tutto il resto -le giustificazioni, le negazioni, le ideologie- è il rumore che la mente fa per fuggire da questo fatto tremendo e semplice.
* Psicologo, Componente Commissione Tecnico-Giuridica dell'Osservatorio
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