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22 settembre 2025
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Ringrazio che mio padre sia morto
di Elisa Fontana

No, non sono una figlia degenere che gioisce della morte del padre, sono una figlia che l’ha molto amato e ringrazia che dopo aver visto gli orrori della seconda guerra mondiale non abbia dovuto subire l’insulto di vivere in questi tempi che lui avrebbe pensato impossibili da verificarsi di nuovo.

E’ lui che mi ha insegnato il valore della democrazia come bene supremo che a loro, nella loro gioventù era mancata come l’aria, come era mancata la libertà, il poter parlare liberamente, il potersi opporre a quello che non piaceva, il non essere vittime di un potere forte con i deboli e debole con i forti. Il vedere chi meritava messo da parte per la mancanza di una tessera, picchiato e umiliato e non infrequentemente ucciso.

Quel mondo era stato un cupo coperchio di piombo sulle loro gioventù e quando finalmente era tornata la libertà il suo insegnamento e il suo racconto erano sempre stati quello di difenderla quella libertà che era costata lacrime, sangue e distruzioni.

E oggi si guarderebbe intorno smarrito, vedendo i nipotini del duce al governo, guarderebbe le loro leggi securitarie, ascolterebbe i loro discorsi e i loro toni incendiari e penserebbe di essere caduto in un incubo. Ringrazio che mio padre sia morto.

Ho passato la mia infanzia ad ascoltare i suoi racconti sulla bestialità inumana dei nazisti, dei campi di concentramento in cui polverizzarono 6 milioni di ebrei. E dai racconti traspariva l’umana pietas e l’eterno rispetto, mi diceva, che dovevamo agli ebrei per quello che avevano patito nei campi di concentramento e per le persecuzioni che avevano subito nei secoli in tutta Europa per il solo fatto di essere ebrei. E mi accostavo ragazzina al Diario di Anna Frank con un religioso rispetto, con una rabbia interna per l’enorme ingiustizia che questa ragazzina e il suo popolo avevano dovuto subire senza nessuna colpa.

E oggi si guarderebbe intorno incredulo, penserebbe di essere impazzito nel vedere gli israeliani, sedicenti eredi di quegli ebrei vittime innocenti di un olocausto, diventati feroci protagonisti di un genocidio scientifico portato avanti senza nessuna pietà. Vacillerebbe, ne sono sicura, stringerebbe le labbra, si chiederebbe come sia possibile una tale efferatezza da parte di un popolo che è stato così marchiato dall’efferatezza altrui. Non si darebbe pace, non potrebbe, lo so bene. Ringrazio che mio padre sia morto.

Ricordo come faceva il tifo per Martin Luther King, proprio come ad una partita di calcio, perché non era possibile, diceva, che i neri fossero segregati, non avessero gli stessi diritti dei bianchi, era intollerabile per un Paese che si definiva democratico e in cui la popolazione nera aveva dato un enorme contributo in tantissimi campi. E oggi guarderebbe il mondo impazzito dove un estremista razzista predicava da ogni dove che i neri sono inferiori perché hanno un cervello inferiore e guarderebbe il suo seguito, fatto da milioni di seguaci che lo seguivano in vita estasiati, prima di farne un simbolo universale da morto.

E ancora, assisterebbe allibito ad un comizio in Italia dove un figuro comunica a tutti che non si rassegneranno alla società meticcia e gli scapperebbe da ridere amaramente pensando a quante lezioni ha fatto spiegando come la nostra posizione geografica, al centro del Mediterraneo, cioè della civiltà antica, ci abbia forgiato come popolo meticcio per eccellenza, permettendoci un arricchimento unico e irripetibile. Ringrazio che mio padre sia morto.

E se potesse chiedermi come siamo potuti arrivare a questi punti di abiezione umana dopo tutti i loro sacrifici e le loro rinunce, non saprei davvero cosa rispondergli. Per questo ringrazio che mio padre sia morto, perché non ha fatto in tempo a vedere questo scempio e perché mi ha sollevato dal peso di dare risposte che non ho.

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