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Il paradosso e il rischio
di Lionello Fittante
Che Israele stia perdendo la sua guerra contro i cittadini palestinesi mi pare evidente.
Chiarisco. Israele conduce una guerra in solitaria contro cittadini inermi, non contro un altro esercito, con la falsa motivazione che l'obiettivo siano i terroristi di Hamas e la liberazione degli ostaggi.
Niente di più falso, visto che lo stesso Netanyahu dichiara che 'non ci sarà mai uno Stato Palestinese'. Quindi l'obiettivo è questo, altro che i terroristi, altro che 'se si liberano gli ostaggi la guerra finisce il giorno dopo'.
Questa guerra Israele la sta perdendo, certamente non sul piano 'tecnico', perché è riuscita con non mai ad alimentare nel mondo una mobilizzazione così ampia di solidarietà al popolo palestinese e a moltiplicare l'avversione verso di sé, come a nessuno è riuscito in tanti anni di resistenza all'oppressione Sul piano politico, culturale, ideologico, morale, Israele sta perdendo.
Non c'è un solo posto al mondo, tranne che nelle stanze della Casa Bianca, dove non sia diffusa la condanna del genocidio in atto.
Paradossalmente non si è mai stati così vicino alla nascita dello Stato di Palestina come in questi giorni. Certo ci vorrà ancora tempo, non è per oggi. Ci sarà ancora un triste tributo di sangue. Ma la coscienza del mondo è ormai chiaramente schierata per la Pace e per la difesa dei diritti della Palestina.
Questo il paradosso: più Israele bombarda, più continua nella carneficina, più massacra bambini, più lo Stato di Palestina si avvicina.
Ma la situazione presente ha con sé un rischio enorme: la Palestina futura che nascerà, lo farà dopo più di 70 anni di oppressione, dopo massacri inimmaginabili seppure in diretta televisiva mondovisione.
Il rischio che possa assumere caratteri integralisti diventa grande: i bambini che riusciranno a sopravvivere cosa diventeranno? Come guarderanno i vicini massacratori delle proprie famiglie? Quale Dio ha armato le mani dell'occupante?
Perseguire ostinatamente lo scontro, specie se travestito da scontro di civiltà, anziché il dialogo, la trattativa diplomatica, la ricerca di coesistenza, porta con sé il rischio, sempre più alto e sempre più probabile, di un sentimento di radicale integralismo.
Esempi in tal senso ne abbiamo all'infinito. Per ultimo l'Afghanistan, dove, avendo 'esportato' la democrazia in funzione antisovietica, abbiamo determinato la nascita di una società più arretrata e integralista.
Se così sarà, aspettiamoci fin da ora l'accusa di aver favorito l'integralismo islamico e il terrorismo con le battaglie di oggi. La battaglia che si conduce ora, è una battaglia sacrosanta per la libertà e autodeterminazione dei popoli. Niente contro l'ebraismo, ma contro le politiche israeliane. Se integralismo sarà, quindi, anche questo lo avrà cresciuto e coltivato la politica miope e crudele di Israele.
Anche per questo la nostra battaglia deve continuare e continuare nella chiarezza delle idee e dei sentimenti.
Ecco perché convivono oggi, incredibilmente, paradosso e rischio.
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