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21 settembre 2025
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Il momento di agire è adesso
di Alessandro Ferretti

L’assalto dell’IOF per spazzare via tutto il nord della Striscia di Gaza e le centinaia di migliaia di persone che ancora vi abitano entra nella fase più cruenta.

Secondo i quotidiani ebraici Yedioth Ahronoth e Walla, Israele ha schierato 70.000 soldati dotati di armi pesanti e carri armati, con la copertura dell’aviazione, dell'intelligence e delle tecnologie più avanzate, e di prevede che il loro numero aumenterà nei prossimi giorni all'interno di Gaza City.

Questo colossale schieramento è inviato ad affrontare circa 2.500 combattenti palestinesi con equipaggiamento leggero, che Israele stima siano presenti all'interno della città. La strategia è sempre la stessa sin dall'inizio del genocidio: i mezzi blindati, con i soldati barricati al loro interno, non si muoveranno finché tutto ciò che hanno davanti non sarà completamente distrutto e bruciato.

Fino a oggi, l’armata genocida è stata metodica. La routine del genocidio, la “nuova normalità“ profetizzata da Aaron Bushnell, è quella di ammazzare circa cento palestinesi al giorno, ma di questo passo la conquista di Gaza City richiederebbe anni. Per accelerare i tempi, Israele ha deciso di forzare ulteriormente il ritmo.

La parte settentrionale di Gaza si trova infatti ad affrontare condizioni terrificanti, catastrofiche ed estremamente pericolose. Ieri, dopo aver ammazzato tutta la famiglia del direttore dell’ospedale Al-Shifa, (il dottor Mohammed Abu Silmiyah), l'esercito di occupazione ha cominciato a chiudere tutti i punti di distribuzione di aiuti destinati alle famiglie rimaste al nord, e ha chiuso tutti i valichi attraverso i quali cibo e acqua entravano nel nord di Gaza.

Ha anche preso di mira tutte le stazioni di rifornimento idrico che un tempo dissetavano la gente e ha diramato ordini di evacuazione per le organizzazioni internazionali e gli ospedali, costringendoli a trasferirsi interamente nella parte meridionale di Gaza.

Ogni singola via che rappresentava un'ancora di salvezza per le famiglie è stata chiusa, lasciando il nord di Gaza completamente isolato. Ora non c'è più cibo, né acqua, né servizi essenziali, né sicurezza: niente di niente.

Tutto questo viene fatto con un obiettivo chiaro: sfollare con la forza le famiglie dal nord al sud.

I giornalisti rimasti raccontano che alle 3 del mattino di oggi intere famiglie giacciono sparse per le strade, mentre i bambini spingono carretti per chilometri dopo essere stati costretti a lasciare le loro case. Migliaia di famiglie in fuga dal nord al sud in cerca di sicurezza dal terrorismo israeliano ora vedono i loro figli addormentati sulla nuda terra, “con solo il cielo sopra di loro.”

Ed è solo l’inizio. Perché se c’e una cosa che la storia ci ha insegnato, è che il suprematismo etnico-religioso non tollera l’esistenza di altro da sè: continua ad ammazzare, devastare e occupare fino a quando non conquista tutto il conquistabile. Nessuno dall’alto lo fermerà: la mano destra alzata della rappresentante USA all’ONU per porre il veto all’ennesima risoluzione per il cessate il fuoco lo dimostra icasticamente.

Dall’altra parte, in tutto il mondo il movimento dal basso contro il genocidio ha fatto passi da gigante, auto-organizzandosi da zero. Senza fondi, senza strutture, senza strumenti di propaganda, le persone umane di buona volontà si sono incontrate, si sono coordinate e a suon di iniziative di ogni genere sono riuscite a creare i presupposti per un colossale cambiamento di orientamento dell’opinione pubblica.

Oggi le azioni di Israele sono viste con orrore e disgusto dalla stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta. Eppure, l’assalto a Gaza City dimostra che ancora non basta a fermare il genocidio.

Scrivo quindi a te, brava persona di cuore che, da subito o da ieri che sia, hai capito la natura sadica e assassina dell’”autodifesa” israeliana ma ancora non hai fatto nulla di davvero concreto per fermarla. Coloro che si sono già attivati concretamente continueranno a farlo, ma il fatto è che da soli non possono farcela.

Quindi, caro amico, è arrivato il momento di guardarti intorno e prendere atto della realtà: se vogliamo fermare questo crimine supremo, devi agire anche tu. Non basta più postare, mandare aiuti a Gaza, criticare Netanyahu o firmare petizioni.

Domani, lunedì 22, c’è un appuntamento cruciale per tutti coloro che vivono in Italia: il primo vero tentativo organizzato di fermare il genocidio fermando la normalità che lo rende possibile. Lo sciopero generale è proprio questo: una rottura della routine produttiva che macina e anestetizza le nostre esistenze e permette la continuazione dell’orrore.

Fermiamo la normalità fermando la produzione. Fermiamo questa società che ci riduce a ingranaggi funzionali al profitto e al potere di pochissimi pazzi disumani smaniosi di accumulare all’infinito, incuranti delle conseguenze devastanti per il nostro presente e per il nostro futuro. Un fallimento dello sciopero sarebbe un colpo durissimo per l’opposizione alla marea fascista montante, un successo sarebbe invece l’inizio della riscossa dei popoli contro i loro padroni.

Ora più che mai è il momento di scegliere, e una cosa deve esserti chiara: il futuro della società in cui vivi è ora anche nelle tue mani. Prima di decidere da che parte stare, chiedi a te stesso:

se non ora, quando? Se non noi, chi?

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