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20 settembre 2025
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Gaza: inazione del governo italiano e sovranità digitale
di Elisa Fontana

Venerdì scorso il presidente della commissione difesa Minardo di Forza Italia, ha annunciato la presentazione di un disegno di legge che assegnerebbe al ministero della Difesa competenze anche in tempo di pace per muoversi nella cyber sicurezza, udite udite, avvalendosi anche di soggetti esterni specializzati nel settore che potranno accedere comodamente all’elenco delle reti strategiche.

Ma per comprendere appieno cosa sta accadendo, conviene fare qualche passo indietro e unire i puntini per vedere meglio il disegno che ne scaturisce. Nel marzo del 2023 il caro amico Bibi venne a Roma ad incontrare la nostra presidenterrima e ad auspicare “un salto significativo nella cooperazione fra Italia e Israele … per aumentare le relazioni tecnologiche ed economiche”.

Risultato: la nostra cybersicurezza venne appaltata alle aziende israeliane, come del resto confermato dal DDL del giugno 2024 che era aperto solo alle tecnologie USA e Nato, ma poi opportunamente modificato per comprendere anche le tecnologie israeliane. Credo non occorra nemmeno ricordare che le aziende israeliane lavorino a strettissimo contatto con gli apparati di spionaggio del proprio Paese, ma questo, evidentemente non costituiva un impedimento per il governo Meloni.

In tutto ciò, qualche giorno prima dell’arrivo dell’amico Bibi a Roma, si era dimesso Roberto Baldoni, direttore dell’Agenzia della Cybersicurezza Nazionale, in contrasto di vedute con il potentissimo sottosegretario con delega ai servizi Mantovano. Baldoni evidentemente aveva grosse riserve sull’accordo con gli israeliani e per non firmarlo si era dimesso, spianando la strada alla firma di un accordo che ha in pratica appaltato la nostra cybersicurezza a Netanyhau.

E qui conviene citare sempre Baldoni che in una intervista del settembre 2024 fra le altre cose aveva dichiarato che “Se chi gestisce i dati di una infrastruttura critica non è fidato, o se non lo sono le società terze che lo fanno, anche in quel caso c’è un problema di sovranità digitale”. E non mi pare ci sia bisogno di vocabolario per tradurre questa frase, in cui, tra l’altro, si cita il concetto di sovranità digitale che dovrebbe essere in cima ai pensieri e dentro i cuori di chi del sovranismo ha fatto un mantra.

Ma non divaghiamo e torniamo al buon Minardo e alla presentazione del nuovo DDL che, prevedendo il rafforzamento del ruolo della Difesa nell’ambito della cybersicurezza, prevede anche che ci si possa avvalere di soggetti esterni specializzati nel settore e, guarda un po’, viene esteso anche a loro l’accesso all’elenco delle reti strategiche. Ora, sapendo che il monopolio mondiale della cybersicurezza è in mano agli USA e ad Israele, non sarà difficile capire chi saranno questi “soggetti esterni”.

Ma perché questo allargamento anche alla Difesa? Leggiamo dal DDL presentato che serve ad «abilitare il Ministero della difesa alla conduzione di operazioni nel cyberspace anche al di fuori di scenari di conflitto armato e garantirle il livello di autonomia operativa necessario per fronteggiare un dominio sempre più conflittuale».

Come se non esistessero già i servizi segreti (per l’interno, l’estero e militari) che si occupassero di ciò. Da qui le frizioni fra Crosetto e Mantovano che non sono affatto archiviate, ma che sembrano momentaneamente accantonate visto che si è presentato in Parlamento il DDL.

Nel frattempo, sembra che a nessuno del governo interessi il fatto che ogni accordo con qualunque società prevede la condivisione di dati sensibili, molto sensibili, direi vitali per la sovranità digitale e la sicurezza del Paese e, in questo caso, chi li controlla effettivamente? E questo stato di cose ci permette eventualmente di entrare in rotta di collisione con Israele o ci paralizza sapendo che ha praticamente in mano la nostra sicurezza nazionale?

Domande fondamentali che fino ad ora non hanno mai avuto nessuna risposta che, pure, dovrebbe essere esercizio basilare, prima di mettere i nostri dati sensibili e strategici in mano a chicchessia. Ancor di più se non fai altro che parlare di sovranità, di nazione, di patria e patrioti.

E allora, uniamo tutti i puntini e terminiamo con una domanda: è difficile capire perché la nostra presidenterrima non dice una sillaba contro Israele mentre si consuma un genocidio?

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