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No comment del Papa: neutralità che diventa complicità
di Raffaele Florio
Il nuovo Papa Leone XIV, interpellato sul presunto genocidio a Gaza, ha risposto con un elegantissimo “No comment”.
Cioè, davanti a migliaia di morti, bambini maciullati dalle bombe, ospedali ridotti a macerie, scuole sventrate e profughi senza acqua né pane, la guida spirituale di oltre un miliardo di cattolici ha pensato bene di adottare la stessa tecnica comunicativa dei politici beccati con la mazzetta in tasca: stringere le labbra e fingere di non sentire.
Ora, immaginiamo se un qualsiasi capo di governo, un ministro o un dittatore fosse chiamato a pronunciarsi su un genocidio e replicasse con quel burocratico mantra da questura: “No comment”. Lo faremmo a pezzi sui giornali, accusandolo di vigliaccheria, di insensibilità, di connivenza. Ma se a dirlo è (quello che per i credenti è, ndr) il Vicario di Cristo, il custode della dottrina, allora tutto diventa improvvisamente “prudenza diplomatica”.
Il punto è che qui non c’è in ballo un trattato internazionale o un negoziato segreto, ma la carne viva di civili massacrati sotto i bombardamenti. Bambini sepolti dalle macerie, donne ferite, intere famiglie annientate. A fronte di questo, la massima autorità morale del pianeta sceglie il silenzio. E lo fa con il tono sbrigativo di chi liquida una domanda scomoda durante una conferenza stampa: “No comment”.
Sui migranti in Usa, invece, parole di preoccupazione. Sulla comunità Lgbt, fermezza: “Il matrimonio è solo tra uomo e donna”.
Dunque, sui temi che non rischiano di scalfire equilibri geopolitici, il Papa parla chiaro, lapidario, senza esitazioni. Sui diritti civili può permettersi di ribadire la linea dura, con tanto di anatema implicito. Ma quando si tratta di massacri veri, di sangue e polvere, meglio zittirsi. Non sia mai che qualche cancelleria s’inalberi, che qualche ambasciatore prenda nota, che qualche alleato strategico storca il naso.
E allora ecco la Chiesa ridotta a moralista selettiva: pronta a bacchettare gli amori “irregolari”, ma incapace di alzare la voce contro le bombe sugli innocenti. La stessa istituzione che dovrebbe “dare voce a chi non ha voce”, decide di farsi muta proprio davanti a chi non potrà mai più parlare: i morti di Gaza.
Il Papa non può permettersi un “No comment”.
Perché davanti a un genocidio il silenzio non è mai neutralità: è complicità. La storia non ricorderà i distinguo diplomatici, ma la scelta di tacere. E se la Chiesa preferisce la prudenza alla verità, allora rischia di trasformarsi da guida spirituale a ufficio stampa del potere temporale.
Il Vangelo non dice: “No comment”. Dice “Beati gli operatori di pace”. E la pace, per essere invocata, ha bisogno di una voce, non di un silenzio calcolato.
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