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17 settembre 2025
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Iacchetti bravissimo e coraggioso ma anche l'altro va ringraziato
di Rossella Ahmad

In realtà io ringrazio il gerarca nazista invitato alla TV per sciorinare la sua hasbara sionista - modus operandi del colonialismo in Palestina e ultimo rifugio dei miserabili che vi abboccano - come ringrazio i coloni israeliani che hanno mostrato urbi et orbi cosa voglia dire nel 2025 il suprematismo criminale: per chi conservi un minimo di pudore, dovrebbero essere ospitati in un centro di igiene mentale e invece sono in TV e dettano legge al mondo intero.

Le sue parole, le loro gesta, hanno aperto gli occhi a molti e molti ancora li apriranno mano a mano che il velo di Maya che copre la loro visuale si dissolverà. Se il fanatismo è un dubbio ipercompensato, come diceva Jung, sappiate riconoscere in questo fanatismo ostentato i germi della loro stessa debolezza, propedeutici ad una dissoluzione che giungerà sempre troppo tardi.

Nulla di nuovo sotto il sole, comunque. Questo è il loro modo da sempre. Solo che prima il mondo non riusciva a vederlo.

Nel 1987 scoppiò nei territori occupati la prima intifada, la rivolta delle pietre: ragazzi armati di sassi affrontavano senza paura i carri armati dell' occupazione. L'immagine plastica di Davide, il pastorello, che combatte il gigante munito delle armi più letali, non riuscì ad incrinare l'omertà internazionale che accompagna fin dalla nascita le gesta dello stato coloniale.

L'icona della Rivolta, il tredicenne Fares Odeh che lancia una pietra contro un gigantesco Merkava, fu al contrario bullizzato da morto da una campagna mediatica volta a screditare internazionalmente la rivolta delle pietre: i giovani dell'Intifada erano terroristi, istigati dalle madri a cercare la morte affinché la famiglia incassasse i cento dollari che l'Iraq di Saddam Hussein inviava ad ogni martire palestinese e Fares Odeh, che in un altro tempo e luogo sarebbe assurto a simbolo dell'eroismo più puro come e più dell'icona a stelle e strisce dello studente di piazza Tien An Men, fu definito un teppista, un ragazzino difficile, che cercava la morte e che infine la trovò.

Chissà per quale motivo continuino ad esserci martiri in Palestina, anche dopo la demolizione controllata dell'Iraq.

Il mostro infernale contro cui i palestinesi sono impattati è una narrativa completamente nelle mani del sionismo, che ha dapprima negato la loro esistenza, poi la loro identità, poi la loro umanità. Senza di essa, non saremmo mai giunti al punto in cui siamo. Senza di essa, Eyal Mizrahi sarebbe in un reparto psichiatrico vestito da Napoleone, a dondolarsi sul cavallino di legno come i suoi sodali coloni in Palestina.

Bravissimo comunque colui che gli ha tenuto testa con coraggio, restituendo un po' di orgoglio a questo paese

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