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17 settembre 2025
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Prato: operai aggrediti perché scioperavano
di Santina Sconza

Prato, città delle industrie tessili, rende famoso il made in italy in tutto il mondo, ma dietro un bel vestito di lusso che costa sulle 2 o 3 mila euro c'è lo sfruttamento dei lavoratori.

Quello che accade nelle fabbriche tessili di Prato è simile a tante altre vicende che accadano ai lavoratori nelle serre, nella muratura e in tanti altri lavori, li definiscono migranti ma in realtà molti hanno il permesso di soggiorno o la residenza e sono cittadini italiani.

Nello stabilimento Alba Srl, una stireria e confezione nel cuore del distretto tessile pratese, gli operai per lo più migranti bengalesi, afghani e pakistani sono scesi in sciopero, sono stati aggrediti a pugni, calci e bastonate da persone legate all'azienda, inclusa la titolare, che ha distrutto i gazebi del presidio sindacale (esiste un video dell'accaduto, ndr)

Poi la sceneggiata della proprietaria colta da malore e ricoverata, ma in realtà dovevono essere ricoverati gli operai perché presi a calci e pugni dai kapò dell'azienda.

Il sindacato dei Cobas:
< "La testimonianza dei lavoratori è drammatica: reclutati da un caporale anche da altre città, costretti a turni di 12 ore al giorno e segregati tra fabbrica e alloggio fornito dal caporale.
Qui emergono gravi violazioni: caporalato, segregazione e condizioni assimilabili a una forma di sfruttamento moderno. Dal 25 agosto, i lavoratori sono stati mandati a casa senza stipendio, alimentando il timore di una chiusura improvvisa e di un ennesimo trasferimento delle attività per aggirare gli obblighi.
Il sistema di subappalti permette di ridurre i costi del 30-40 per cento sul lavoro, secondo stime sindacali, ma genera evasione contributiva, caporalato e instabilità.
I lavoratori, spesso migranti, sono i più esposti: stipendi da fame (intorno ai 1.000-1.200 euro netti mensili) per produrre capi venduti a prezzi esorbitanti. Senza una maggiore tracciabilità della filiera e sanzioni più severe il Made in Italy rischia di macchiarsi di un’ombra che ne mina la credibilità."

In realtà la credibilità del Made in Italy è già macchiata, basta vedere le etichette dei grandi brand dove c'è scritto made in Cina.

Bisognerebbe che il governo facesse pagare meno tasse ai proprietari tessili e il controllo da parte degli ispettori del lavoro per far garantire i diritti dei lavoratori.


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