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Imperialismo culturale e guerra delle narrazioni
nostra traduzione
di Marwan Abdel Aal*
Nell'era della globalizzazione digitale, la cultura non è più isolata entro i suoi confini nazionali. La tecnologia, con la sua rapida diffusione e il suo potere penetrante, ha permesso alle culture di trascendere le distanze ed entrare in contatto diretto tra loro. Tuttavia, questo contatto non è né paritario né innocente; piuttosto, ha porta con sé uno squilibrio di potere che rendeva la cultura occidentale il centro dominante, mentre le altre culture venivano semplicemente emarginate: L'apertura è strumento di controllo e la diversità è mezzo di eliminazione.
L'alleanza tra cultura e tecnologia non è stata solo un balzo in avanti nella comunicazione; si è trasformata in uno strumento di egemonia. Il mondo annunciato come "villaggio globale" non era altro che uno spazio per riprodurre l'egemonia occidentale in una nuova veste. L'eurocentrismo si è trasformato da egemonia politica e cognitiva in un centrismo culturale che cerca di imporre lo stile di vita occidentale come unico modello e opera per cancellare altre esperienze nazionali dissolvendo le identità e polverizzandole nel flusso della globalizzazione.
Questa alleanza tra cultura e tecnologia non è stata semplicemente un aggiornamento degli strumenti di comunicazione; è diventato una nuova guerra. Proprio come l'integrazione di armi e tecnologie moderne ha cambiato la natura delle guerre, l'ingresso degli algoritmi nella guerra culturale ha rovesciato gli equilibri simpolici del potere. Oggi, il controllo non si basa più esclusivamente su carri armati e aerei, ma piuttosto sul controllo di ciò che appare sugli schermi, dell'ordine delle notizie e delle immagini diffuse attraverso i social media. È una guerra combattuta nelle menti, dove gli algoritmi sostituiscono gli eserciti e la cultura diventa un'arena di conflitto non meno pericolosa del campo di battaglia.
Questo dominio non è casuale, ma una strategia deliberata. La cultura occidentale, commercializzata come valori universali, nasconde un progetto chiaro: controllare le coscienze e trasformare gli esseri umani in consumatori in un mercato capitalista che non ha limiti. Bertrand Badie ha sottolineato che quest'ondata non solo ha indebolito le identità nazionali moderne, ma ha anche fatto rivivere identità pre-nazionali – settarie, etniche e regionali – emerse con forza durante la cosiddetta Primavera Araba, trasformando slogan di libertà e giustizia in sanguinose divisioni e conflitti.
Edward Said, in "Orientalismo", e in "Cultura e Imperialismo", ha rivelato che l'egemonia occidentale è stata imposta non solo con le armi, ma anche attraverso la letteratura, l'arte e le università, che hanno riprodotto l'immagine dell'"Oriente" come oggetto di controllo. Nel frattempo, Iqbal Ahmad ha sottolineato che la forma più pericolosa di colonialismo è quella che si radica nella coscienza, inducendo gli oppressi a vedersi attraverso gli occhi del colonizzatore. I due concetti convergono nel fatto che l'imperialismo culturale è un sistema completo per il controllo della coscienza: impone la propria immagine dall'esterno, come ammoniva Said, e la rimodella dall'interno, come ammoniva Ahmad.
Consideriamo il caso palestinese: mentre Gaza è sottoposta a una guerra di genocidio senza precedenti, i media digitali globali stanno commercializzando la questione come una "crisi umanitaria" temporanea, ignorandone la portata come una questione di liberazione nazionale. Tuttavia, i palestinesi sono stati in grado di ribaltare la situazione, utilizzando social media e piattaforme digitali per rompere il monopolio della narrazione sionista e ripresentare la loro narrazione al mondo. Qui vediamo che la cultura e la tecnologia possono essere armi di liberazione tanto quanto possono essere trasformate in strumenti per cancellare l'identità. L'imperialismo culturale ha vinto la battaglia dei simboli, ma ha perso la guerra delle narrazioni, perché i popoli non vengono cancellati dalle immagini, ma scrivono col sangue e con la memoria."
* Dirigente del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.
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