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Dal genocidio di Srebrenica a quello di Gaza: parlano i sopravvissuti
di Leandro Leggeri
TRENT’ANNI DOPO IL GENOCIDIO, I SOPRAVVISSUTI BOSNIACI LANCIANO L’ALLARME SUL MASSACRO PALESTINESE
“Srebrenica non è mai finita. Oggi si chiama Gaza”. Con queste parole, Ahmed Hrustanovic – imam di Srebrenica e superstite del genocidio del 1995 – racconta alla testata Middle East Eye la dolorosa sensazione di déjà-vu davanti alle atrocità che Israele sta compiendo contro la popolazione palestinese.
Trent’anni dopo l'eccidio di oltre 8.000 uomini e ragazzi musulmani da parte delle forze serbo-bosniache, i sopravvissuti denunciano le stesse dinamiche di annientamento, lo stesso silenzio internazionale, la stessa “zona protetta” che in realtà non protegge nessuno. “Il mondo ha capito solo una lingua: quella della forza”, afferma Hrustanovic, che ha perso più di 50 familiari nella carneficina.
Anche Fadila Efendić, presidente delle Madri di Srebrenica, traccia un parallelo diretto: “Pensavamo che Srebrenica fosse l’ultimo genocidio in Europa. Ma Gaza ci dimostra il contrario. I potenti pagano i loro interessi con la vita dei piccoli”.
A Gaza, in 22 mesi di guerra, sono già oltre 56.000 le vittime palestinesi. E mentre si parla di trasformare la Striscia in una “nuova Riviera” – come auspicato da Jared Kushner e Donald Trump – le famiglie palestinesi continuano a seppellire i loro morti sotto le macerie di case distrutte.
Nel 1995 si disse “mai più”. Ma i fatti dimostrano che quel giuramento è stato tradito. Chi ha vissuto sulla propria pelle un genocidio riconosciuto dalla giustizia internazionale, oggi riconosce i segni inconfondibili di un altro che si consuma sotto gli occhi del mondo.
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