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La Cisl da bianca si tinge di nero
di Armando Reggio
LA MELONI SOLLEVA LA SBARRA A SBARRA...
Qualche testata ne aveva dato conto: certo é che la notizia, pur rilevante, ha destato scarsissima attenzione mediatica.
Pensate, dunque: succede anche questo nell'era fascioleghista: un sindacato storicamente bianco si tinge di nero.
É la prima volta, nella storia repubblicana, che il segretario di un sindacato, appena terminato il proprio mandato, viene nominato sottosegrerario.
Nessun ministero era vacante - vien da arguire -, tanto che il calabrese si é dovuto 'accontentare' del sottosegretariato al Mezzogiorno della Presidenza del Consiglio.
Un bel colpo furbesco della Meloni: ha interesse a riacquistare a sé consensi al Sud (nel 2024 il PD é risultato primo in Calabria) e a stabilire buoni rapporti con il mondo del lavoro.
Sbarra aveva subdolamente preannunciato questo colpo bassao all'autonomia di quel sindacato, mostrandosi irruducibilmente sfavorevole al salario minimo e - in dichiarato contrasto con CGIL e UIL - avendo firmato il contratto degli statali, che ha riconosciuto bricioline d'aumento ai lavoratori pubblici, largamente insufficienti a contrastare l'inflazione.
Aveva, infatti, rotto il rapporto di concordanza strategica con la CGIL di Landini e la Uil di Bombardieri.
Rapporto, che era sembrato - illusoriamente, ormai - ricomposto negli ultimi anni.
In mezzo a questo contesto, fatto di astuzie, opportunismi e calcoli partitici, la presidente si é agevolmente accomodata: in un sol colpo ha sia personalisticamente reagito all'esito referendario, sia cooptando un fedelissimo rimasto senza incarico.
Non é stata casuale, dunque, la presenza di Meloni all'uscita di scena di Sbarra dalla segreteria CISL: sorrisi, ammiccamenti, congratulazioni, mazzi di fiori...
Una scena imbarazzante - a voler essere benevoli - per chi sia, da rappresentante istituzionale, minimamente dignitoso.
L'articolo 54 della nostra Carta è bello e messo in soffitta: quale onore, quale disciplina nell'adempimento di una funzione pubblica?!
Ma quella gente é tanto sfrontata quanto é certa di dominare indisturbata la scena.
Va aggiunto che l'occasione é stata ghiottissima: intromettersi da dispensatrice di prebende per accentuare le già profonde tensioni nella ex Triplice sindacale.
Un esito della mossa é palese: dimostrare agli "Italiani" che Landoni si attarda ancora nella rivendicazione del conflitto sociale anziché collaborare per il bene della "Nazione".
Come pretende lei anche, persino, dai magistrati.
E cosa dire del cortocircuito, che inevitabilmente neutralizzerà la fisiologica dialettica fra sindacato e Governo?
Daniela Furnarola é succeduta a Sbarra: dovrà, così, ridicolmente trattare con il proprio capo a Palazzo Chigi.
Una farsa grottesca, che i più di noi Italiani non giudicheremo inconcepibile!
Uno dei tanti - troppi - conflitti d'interessi, che magari plaudiremo, da in massima parte analfabeti funzionali e qualunquisti quali ci ritroviamo a compiacerci.
Legittimamente si obietterà: perché stupirsi, perché guardare solo a destra?
Certo, molti ex segretari generali dei sindacati sono disinvoltamente passati alla politica, una volta esaurito il loro mandato sindacale.
Della stessa CISL ricorderemo Franco Marini, Pierre Carniti, Sergio D’Antoni, Savino Pezzotta, Raffaele Bonanni e Anna Maria Furlan.
Marini subito fu nominato ministro del Lavoro, sostituendo Carlo Donat-Cattin mancato improvvisamente: un ottimo caso fortuito!
Ma si potrâ osservare che erano altri tempi con i loro uomini di ben altra caratura.
Di caratura, semplicemente, se raffrontati agli attuali piazzisti.
La caratura - riaffermiamolo - non é un accidente.
In definitiva, il personaggio assurto cliente al sottosegretariato, tradisce l'intera storia dell'ex sindacato bianco e, conseguentemente, getta una lunghissima ombra sul suo operato da militante prima e segretario poi.
Sospetta pertanto si rivela la mancata adesione agli scioperi di CGIL e UIL contro le leggi finanziarie come - va ribadito - la firma del contratto degli statali a inizio anno, con alcuni sindacatini di destra, conseguendo un indignitoso 51% o giû di lì.
Non é da sottovalutare, inoltre, il rapporto fra la CISL e il PD, i riformisti primariamente.
Questi - lo hanno confermato anche all'ultima tornata referendaria - sono a favore del 'job act' di Renzi e del riarmo, che lacera il già precario equilibrio fra i DEM.
Insomma, Meloni ha tessuto l'ennesima tela nera, che evidentemente non intende disfare durante la notte.
Per sintesi sono stati omessi i passaggi, peraltro numerosissimi, di sindacalisti di sinistra a incarichi partitici o istituzionali: il PD ne sa qualcosa... anzi, proprio tanto!
 
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