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Iran rafforzato dal conflitto, nonostante i danni
di Leandro Leggeri
Dopo undici giorni di scambi militari, si è concluso con un cessate il fuoco il conflitto tra Israele e Iran, il più diretto e violento mai registrato tra i due Paesi.
Gli attacchi israeliani hanno colpito duramente le infrastrutture nucleari iraniane – inclusi i siti di Natanz, Arak e Fordow – causando anche la morte di scienziati e alti funzionari della sicurezza. Eppure, secondo analisti regionali, l’Iran ne esce con una ritrovata consapevolezza strategica e un consolidamento interno inaspettato.
“Possedere un'infrastruttura nucleare senza una reale deterrenza la rende vulnerabile”, ha dichiarato l’esperto Mohammad Eslami a Middle East Eye. Il dibattito interno si sposta ora su una possibile revisione della dottrina nucleare, con un’attenzione crescente verso la “strategia dell’ambiguità”, simile a quella israeliana.
Non meno significativa è stata la risposta militare di Teheran. I missili lanciati hanno superato i sistemi di difesa regionali, colpendo obiettivi sensibili in Israele e dimostrando una capacità offensiva finora attribuita solo alle milizie alleate.
Sul fronte interno, l’auspicata destabilizzazione del regime da parte di Tel Aviv e Washington non si è concretizzata. Anzi, secondo l’analista Ali Rizk, l’unità nazionale si sarebbe rafforzata proprio in reazione agli attacchi esterni, in quella che molti osservatori definiscono oggi una “vittoria politica” per la Repubblica Islamica.
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