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Finché cìé guerra c'é speranza (di guadagno)
di Elisa Fontana
Faccio parte di quella schiera di persone che dietro l’infinita moltitudine di guerre che hanno costellato il mondo dai suoi albori ad oggi cerca sempre un movente economico, al di là delle chiacchiere propagandistiche che accompagnano sempre ogni guerra.
Certamente non mi invento nulla, perché già Marx vedeva chiaro il collegamento fra guerre ed economia, o per allargare i mercati, o per annettere e colonizzare altre nazioni. Dunque, anche adesso che vediamo il mondo sull’orlo di un fatale burrone e quella che una volta era la prima potenza mondiale in mano ad un personaggio che ondeggia tra farsa e dramma, conviene capire meglio le motivazioni reali, al di là della propaganda buona sempre ad eccitare animi e menti.
E, dunque, come fanno notare alcuni analisti, non possiamo far finta di non vedere l’immensa montagna di debito su cui è seduto Trump: 26 mila miliardi di dollari, se riuscite anche solo ad immaginare quanti siano. E questo macigno fa sì che il dollaro sia entrato in crisi e non sia più la moneta al centro dei mercati, i mercati comprano il debito americano solo in cambio di interessi altissimi che pesano sempre più sulla bilancia USA e, insomma, gli USA rischiano seriamente sul piano economico e di solvibilità finanziaria.
Detto ciò, appare più chiaro il comportamento di Trump che minaccia guerra ma poi si ritira, lancia fuoco e fiamme e poi chiede 15 giorni di tempo. Il motivo è basilare: le guerre hanno costi enormi e se fino ad ieri gli USA potevano permettersele anche in funzione del proprio ruolo di gendarmi del mondo, oggi la situazione è estremamente e finanziariamente complicata. Così si capisce meglio il contributo del 5% chiesto a tutti gli aderenti della Nato, si capisce meglio la follia dei dazi, l’illusione di far tornare le industrie a produrre negli USA, insomma tutto quell’armamentario più propagandistico che reale messo su da un affarista che sta surfando su onde altissime, non disdegnando nel frattempo di fare guadagni enormi per sé e la sua famiglia.
In questo intreccio indicibile si inserisce Netanyahu che ha fatto balenare agli occhi di Trump l’importanza della regione in cui si trova l’Iran per ricchezza petrolifera e per quello stretto di Hormuz strategico per i commerci e l’approvvigionamento di petrolio. E, poi, naturalmente ha titillato lo sconfinato ego di Trump che sogna sempre di essere il deus ex machina di tutto quel che accade nel mondo e che gli ha fatto rompere gli indugi ben prima dei 15 giorni e bombardare stanotte l’Iran.
Nel frattempo, la balbettante Europa si è data un unico ruolo politico: il riarmo ad ogni costo, come ci ricordano ogni giorno Meloni&Crosetto e l’unico in Europa che si è opposto al raggiungimento del 5% per la Nato è lo spagnolo Sanchez- Tutti gli altri sono preda del sacro fuoco delle armi. In queste condizioni Trump farà meno fatica a portare guerra dove meglio crede, perché se ci sono difficoltà finanziare interne ci potranno sempre pensare gli utili idioti della UE, tutti schierati a comprare armi e a rimettere in moto l’economia delle fabbriche di armi, perché come si dice?, finché c’è guerra c’è speranza.
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