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Non è un lavoretto estivo, è un abuso
di
Francesco P. Esposito *
10 ore al giorno. 6 giorni su 7.
600 euro al mese.
Nessuna tutela, nessuna formazione, solo sudore e sottomissione.
La chiamano “stagione”.
La chiamano “esperienza”.
No, fratellə. Si chiama sfruttamento legalizzato, alimentato da chi si riempie la bocca di “eccellenze italiane” mentre serve gelati a peso d’oro… e paga chi li serve meno di uno schiavo moderno.
E poi ci sono loro:
Quelli in cucina, quelli fissi, quelli che non si vedono mai.
Stranieri. Sempre. I custodi in nero della cucina italiana.
Ore infinite, stipendi ridicoli, contratti che sembrano favori.
Senza loro, l’hotellerie italiana si ferma. Ma guai a dirlo: devono restare dietro, zitti e grati.
Il turismo made in Italy è un colosso su gambe di precari.
Crescono i profitti, ma crescono solo i loro: chi lavora affonda, chi sfrutta brinda.
Basta romanticizzare la fatica.
Basta vendere il “fare gavetta” come cultura.
Qui non si cresce. Qui si viene consumati.
* Criminologo forense, componente del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
 
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